L’importanza del work engagement nell’impresa moderna
L’importanza del work engagement, ovvero il coinvolgimento attivo delle risorse umane negli obiettivi dell’azienda, e la sua influenza come fattore di successo per qualunque tipo di impresa, sono oggi oggetto di attento studio, anche perché le difficoltà in cui versano le aziende e il taglio esasperato dei costi impediscono spesso di ricorrere alle tradizionali forme di incentivazione.
Uno studio olandese del 2002 ha evidenziato come l’essere motivati e coinvolti nel proprio lavoro ha un effetto positivo non solo per l’azienda, ma anche per il percorso stesso di vita degli intervistati.
Questa attitudine positiva, però, se non adeguatamente soddisfatta nel proprio ambiente di lavoro, può rivelarsi la causa principale che spinge il lavoratore a lasciare l’azienda, alla ricerca di nuove sfide in altre società.
Alcuni studi degli ultimi anni hanno analizzato il rapporto tra work engagement e burnout, ovvero quella vera e propria forma di esaurimento psicofisico da stress lavorativo.
Il rapporto tra questi due elementi viene generalmente osservato secondo due punti di vista. Maslach e Leiter (1997) ritengono che esso sia rappresentabile come un continuum tra l’uno e l’altro dei poli. A.Bakker e E. Demerouti (2007) vedono invece il work engagement come l’antitesi positiva del bournout.
Bakker afferma che, data l’importanza del work engagement per un’azienda, dovrebbe essere maggiormente sviluppata l’attenzione al percorso ottimale per il suo raggiungimento.
Esistono scale di misurazione del work engagement. La principale è la scala UWES, acronimo per Utrecht Work Engagement Scale.
Essa si fonda su un questionario per l’analisi qualitativa del coinvolgimento lavorativo, inteso come uno stato d’animo positivo e durevole in relazione al proprio lavoro, ed è caratterizzata da tre aspetti: vigore, dedizione e assorbimento.
Per vigore si intende l’impiego di alti livelli di energia e resilienza mentale durante l’attività lavorativa volti ad investire ogni sforzo anche di fronte ad eventuali difficoltà.
La dedizione indica invece il grado di coinvolgimento nel proprio lavoro, che si esprime in significatività, entusiasmo, ispirazione, orgoglio e sfida.
L’assorbimento, infine, rappresenta la condizione di piena concentrazione e coinvolgimento nel proprio lavoro, dal quale ci si distacca malvolentieri.
Di tale questionario esistono versioni diverse con un numero variabile di item, a partire da quella originale che ne presentava 24. Il questionario UWES, partito come strumento di misurazione del work engagement in Olanda, ha incontrato ampia diffusione nel mondo.
Schaufeli, uno dei curatori della versione originale, lo ha tradotto in altre lingue e ha collaborato con C.Balducci e F.Fraccaroli dell’ Università di Trento per validare il modello anche in Italia (2010), dove comincia ad essere applicato in particolare nel settore dei servizi.
Strumento alternativo per la misurazione del work engagement è l’OLBI (Oldenburg Burnout Inventory), che nasce in realtà per la misurazione del burnout e consiste in due dimensioni: esaurimento-vigore e cinismo-dedizione.
Il work engagement appare strettamente connesso ad una migliore prestazione lavorativa: ad esempio, i clienti di un hotel o di un ristorante sentono di ottenere da un lavoratore work engaged un miglior servizio, gli studenti work engaged possono ottenere esiti migliori, ecc.
Questo risultato è sicuramente correlato con un atteggiamento psicologico positivo dei lavoratori che si trasmette spesso ai loro colleghi e che si manifesta in creatività e controllo della propria attività.
L’aspetto negativo è determinato dal rischio di mancanza di equilibrio nell’impegno lavorativo, che si presenta con quello che con termine inglese si chiama workaholism, una sindrome da dipendenza dal lavoro che porta a trascurare gli altri aspetti della vita sociale e familiare.
Un elemento non meno importante che può influenzare il work engagement è costituito dall’ambiente lavorativo e dall’interrelazione tra lavoratori, capi intermedi, alto management.
Uno studio del 2013 della Dale Carnegie Training, società leader nel miglioramento delle prestazioni aziendali e nella formazione, ha preso in esame tre fattori motivazionali funzionali al miglioramento delle prestazioni dei dipendenti: la relazione con i loro capi diretti, la fiducia nel gruppo dirigente, l’orgoglio di lavorare nella propria società.
E’ apparso evidente che, di fronte ad una convinzione di inadeguatezza del proprio capo diretto, ci sono ottanta probabilità su cento che il personale si senta demotivato.
Al contrario, la creazione di un rapporto positivo tra il capo diretto e i propri collaboratori determina un clima di successo e di motivazione nell’ambiente lavorativo. In secondo luogo è importante che il personale creda nella capacità del management di perseguire gli obiettivi dell’azienda, perché possa sentirsi orgoglioso di farne parte.
Lo studio dimostra che quattro sono gli elementi chiave perché il lavoratore si senta partecipe del successo dell’azienda: entusiasmo, responsabilizzazione, ispirazione e fiducia.
Al contrario, i dipendenti non coinvolti appaiono restii a impegnarsi, anzi, risultano molto più propensi a cambiare lavoro a fronte di qualunque livello di incremento stipendiale.
Pertanto, appare evidente che il livello di coinvolgimento del personale nell’azienda è direttamente legato agli aspetti emozionali che si creano nell’interazione con i capi.
I tempi di difficoltà in cui stiamo vivendo lasciano sempre meno opportunità ai direttori del personale di occuparsi seriamente di questi aspetti.
La necessità di gestire lavoratori poco motivati, verso i quali non è più possibile proporre i tradizionali sistemi di incentivazione, la scarsa fiducia in altre forme di motivazione, come quelle sopra presentate, portano l’HR a gestire quotidianamente le incombenze di routine, lasciando ad altro ipotetico e indefinito momento futuro nuovi progetti di intervento.
L’adozione delle nuove piattaforme software dedicate alla gestione integrata di tutti i processi e dati del personale, che mirano a semplificare e razionalizzare questi aspetti routinari, potrebbero consentire di ampliare gli orizzonti e liberare energie della funzione HR per interventi più utili e significativi.