WEB REPUTATION: You had me at Hello!
O.Wilde
Ogni giorno, secondo i numeri ufficiali presentati da We Are Social durante il 2017 Global Overview, passiamo in media 2 ore e 8 minuti al giorno davanti ad internet sullo smartphone.
A commentare, a condividere, chattare, seguire e leggere pagine di ogni tipo. A mettere mipiace, a postare immagini e (soprattutto!!) ad esprimere emozioni diverse come entusiasmo e rabbia.
I numeri che riguardano l’utilizzo dei social media sono impressionanti, anche in relazione alla spartizione per età, che vede in testa la fascia d’età 26-34 anni (sono 7.030.000), poi quella 35-44 (6.720.000). La fascia tra i 46 e i 64 anni è più ampia di quella 18-24 (5.820.000 contro 5.530.000).
I social si sono introdotti prepotentemente anche nel mercato del lavoro, basti pensare a LinkedIn, Facebook, Twitter.
Avete mai provato a digitare il vostro nome, sul motore di ricerca più utilizzato in Italia? Non dimenticate di controllare anche la galleria delle immagini (!!!).
Molte delle nostre attività e dei nostri interessi, possono essere intercettate dai recruiter e dagli head hunter, tramite i social.
Molti selezionatori ormai, vanno oltre i contenuti inseriti nei perfetti (e qualche volta gonfiati) CV e cercano di ottenere una “prima” impressione dei candidati, per formarsi un’idea che inevitabilmente condizionerà le relazioni future e la successiva interview.
Quanto conta la prima impressione?
La percezione sociale della persona che abbiamo di fronte, potrebbe pregiudicare le qualità professionali possedute e influenzare il recruiter negativamente.
E’ l’istinto che guida la prima impressione.
L’istinto è un ottimo strumento, ma è condizionato da filtri mentali codificatisi nel tempo; sono gli stessi filtri che ci spingono a scegliere un libro in base alla copertina; a scegliere un brand di abbigliamento in base ai testimonial; a giudicare una portata dalla cura dell’impiattamento.
“Have you ever seen the film Jerry Maguire? There’s a brilliant scene towards the end of the film, when Tom Cruise visits his ex-girlfriend’s house, wanting to win her back. He finds the house full of women all complaining about men, so he launches into a long speech, explaining how much he loves her. She interrupts him halfway through and says – Stop right now. You had me at hello”
(Tratto da “How to Change Absolutely Anything” – D.Huges)
Mi avevi già convinto al CIAO.
I Social media rappresentano il nostro modo di dire CIAO.
Secondo un indagine un recruiter su tre, ha escluso dai processi di selezione, alcuni profili per via dei social, nello specifico per pubblicazione di contenuti o foto improprie, che delineavano tratti della personalità non in linea con la realtà Aziendale, piccola o grande che sia.
Cosa Non Fare: Offendere, Molestare, partecipare attivamente a gruppi gestiti da discutibili Admin, condividere contenuti misogini o razzisti, postare contenuti inappropriati che oltre ad essere lesivi della propria immagine sociale (e su questo non aggiungo altro), ledono fortemente la propria professionalità.
Non postare contenuti offensivi nei riguardi di (ex) Aziende e/o di (ex) colleghi.
E se non è esclusa la creazione di un passaporto social per entrare negli Stati Uniti, come possiamo escludere che i social non incidano sulla nostra web reputation e anche sulla nostra vita professionale?
La nostra immagine on social è diventata imprescindibili dalla nostra vita reale, ed è diventata un parametro obbligato per le nostre referenze e per la nostra identità reale.
Il valore aggiunto delle piattaforme social è un aspetto assolutamente non trascurabile; tuttavia, il falso senso di sicurezza che avvertiamo quando agiamo in un contesto virtuale non deve farci dimenticare che alcuni dei nostri contenuti, potrebbero finire con l’avere ricadute indesiderata nella nostra vita, anche, professionale.
La Polizia di Stato nel 2016, ha avviato una campagna educativa e di sensibilizzazione nelle scuole: Una Vita da Social 2016, volta a spiegare, soprattutto ai più giovani, che la rete può rappresentare una grande opportunità oppure un grande limite.
Questo non significa non utilizzare i social, ma tra ironia ed insulto, tra web e realtà, esiste un limite sottilissimo e molto spesso i social sono le nostre referenze ed il nostro reale biglietto da visita.