Un bel lavoro. Ridare significato e valore a ciò che facciamo

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Un bel lavoro

Ridare significato e valore a ciò che facciamo

di Alfonso Fuggetta – Editore: EGEA (27 gennaio 2023)

«E adesso trovati un bel lavoro»: è questo l’invito che nella nostra società segna da tempo l’ingresso nella vita adulta, alimentando un’ambizione che difficilmente ci abbandonerà. Ma che cos’è «un bel lavoro»? E siamo certi che dobbiamo per forza lavorare o forse verrà un giorno in cui lavorare non sarà più necessario e l’automazione ci avrà liberato da tale necessità?

In questo saggio, Alfonso Fuggetta, Professore di Informatica al Politecnico di Milano e Ad di Cefriel, Centro di innovazione digitale dello stesso ateneo, cerca di rispondere a questi (e a molti altri) quesiti, innanzitutto identificando le dieci caratteristiche chiave che distinguono un lavoro come “bello”:

1 … ha significato

Sempre più persone desiderano un lavoro che abbia un significato e il cui risultato sia di valore per la comunità e la società. Non solo, vogliono lavorare in imprese che rispettino le regole e che svolgano un ruolo positivo nella comunità nella quale operano.

2 … produce risultati di qualità

Le persone vogliono che il risultato del lavoro sia di qualità, ben fatto. Non basta fare il minimo indispensabile per soddisfare le richieste del proprio interlocutore.

3 … è svolto con metodo

Un lavoro “bello” è caratterizzato da metodi e processi di qualità. Se si lavora in modo ordinato e pianificato, le persone si sentono a loro agio perché sanno che cosa fare e non sono stressate da attività caotiche e condotte in un perenne stato di emergenza o in modo puramente reattivo.

4 … è riconosciuto e valorizzato

Un lavoro di qualità deve essere riconosciuto e valorizzato, non solo dal punto di vista economico.

5 … è sicuro

L’aggettivo “sicuro” ha (almeno) tre accezioni: la prima ha a che fare con la sicurezza sul lavoro; la seconda rimanda alla solidità aziendale; la terza alla consapevolezza di lavorare in un luogo che permette di esprimersi e operare senza pressioni e timori.

6 … è flessibile

Anche a causa dei due anni di Covid, la flessibilità sul posto di lavoro ha assunto una valenza centrale. Per le persone è vitale poter conciliare vita privata e attività professionale.

7 … è cooperativo, inclusivo e aperto

Un lavoro di qualità si basa su una cultura aziendale aperta, che promuova e favorisca l’interazione all’interno dell’impresa e tra l’impresa e il mondo esterno. Offre occasioni di viaggio e di esperienze all’estero. Inoltre è inclusivo e non discriminante.

8 … è dinamico

Un “bel lavoro” offre alle persone una molteplicità di esperienze ed evita immobilismo e sclerosi professionale.

9 … permette di imparare

Un “bel lavoro” genera opportunità continue per imparare cose nuove, sperimentare idee e dare spazio alla curiosità e agli interessi dei singoli.

10 … permette di crescere professionalmente

Un “bel lavoro” consente di acquisire competenze ed esperienze che rendono possibile alle persone interpretare ruoli professionali sempre più complessi, anche se con caratteristiche e profili diversificati (manageriali, tecnici, specialistici).

Passate in rassegna le dieci caratteristiche che fanno di un impiego un “bel lavoro”, secondo Fuggetta resta ancora una domanda da porsi: perché dobbiamo lavorare? È necessario? Verrà mai un giorno nel quale potremo dire che il lavoro non sarà più necessario e che l’automazione ci avrà resi “liberi”?

La risposta”, afferma l’autore, “è positiva non solo per necessità ma anche per virtù. Il lavoro è una dimensione della nostra vita nella quale esprimiamo e valorizziamo la nostra creatività e capacità realizzativa. È un’occasione di crescita non solo professionale, ma anche culturale e umana.  Dobbiamo quindi porci alcuni interrogativi chiave. Dove si produce oggi valore (non solo economico)? Quali lavori servono, di conseguenza? Come distribuiamo e allochiamo le risorse? Il ruolo del pubblico è favorire la trasformazione o la conservazione del vecchio? Serve limitare la competizione o promuoverla? Serve investire le risorse pubbliche in assistenzialismo o in nuovi servizi a beneficio della comunità e del territorio?

Rispondere a tali questioni non solo può permetterci di scoprire nuove forme di lavoro, ma anche di dar loro senso e significato”.

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