L'impresa, strumento di crescita economica e di sviluppo, è anche luogo dell'identità e dell'appartenenza, agente essenziale di trasformazione sociale e civile. Un attore consapevole dei processi di innovazione che dall'economia si allargano alla società. Una risorsa, in tempi di tensioni, rancori, ascensore sociale bloccato e disuguaglianze. In una stagione di crisi delle democrazie liberali e delle relazioni tra democrazia e cultura di mercato, sarebbe riduttivo pensare all'impresa esclusivamente come a una macchina che genera profitto. Ecco perché diventa rilevante parlare di «impresa riformista», ovvero l'impresa come soggetto «politico» attivo. «Politico» non certo nel senso delle politics, gli atti concreti di governo e di attuazione di riforme, ma in quello della policy, i progetti, le strategie economiche, sociali, culturali. Non «un partito delle imprese», ma l'impresa come soggetto che vive nella società e che contribuisce a determinarne le trasformazioni. Da ascoltare e non ostacolare, nei suoi processi di costruzione di lavoro e sviluppo. Sta purtroppo crescendo nel paese un diffuso clima anti-imprese, che trova alimento in ambienti di governo. Un clima sbagliato, in contrasto con gli interessi di fondo dell'Italia, nel contesto di una grande riforma necessaria dell'Europa. La via è quella di una scelta di cultura e di pratica d'impresa che va oltre l'orizzonte del pur indispensabile fare profitti e lega, al valore per gli azionisti, l'impegno su un sistema di valori d'innovazione positiva, attenzione ambientale, solidarietà, responsabilità sociale.

 

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L’impresa riformista.

Lavoro, innovazione, benessere, inclusione

di Antonio Calabrò

L’impresa, strumento di crescita economica e di sviluppo, è anche luogo dell’identità e dell’appartenenza, agente essenziale di trasformazione sociale e civile.

Un attore consapevole dei processi di innovazione che dall’economia si allargano alla società.

Una risorsa, in tempi di tensioni, rancori, ascensore sociale bloccato e disuguaglianze. In una stagione di crisi delle democrazie liberali e delle relazioni tra democrazia e cultura di mercato, sarebbe riduttivo pensare all’impresa esclusivamente come a una macchina che genera profitto.

Ecco perché diventa rilevante parlare di «impresa riformista», ovvero l’impresa come soggetto «politico» attivo. «Politico» non certo nel senso delle politics, gli atti concreti di governo e di attuazione di riforme, ma in quello della policy, i progetti, le strategie economiche, sociali, culturali.

Non «un partito delle imprese», ma l’impresa come soggetto che vive nella società e che contribuisce a determinarne le trasformazioni. Da ascoltare e non ostacolare, nei suoi processi di costruzione di lavoro e sviluppo.

Sta purtroppo crescendo nel paese un diffuso clima anti-imprese, che trova alimento in ambienti di governo.

Un clima sbagliato, in contrasto con gli interessi di fondo dell’Italia, nel contesto di una grande riforma necessaria dell’Europa.

La via è quella di una scelta di cultura e di pratica d’impresa che va oltre l’orizzonte del pur indispensabile fare profitti e lega, al valore per gli azionisti, l’impegno su un sistema di valori d’innovazione positiva, attenzione ambientale, solidarietà, responsabilità sociale.

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