Prestazione o risultato?
Uno dei principi sui quali da decenni si incardina il management delle Risorse Umane è, giustamente, che si premiano i risultati. Del resto, è puro buon senso: in un mondo in cui le crisi economiche si susseguono, e se quindi i risultati non sono arrivati – per qualsivoglia ragione magari non dipendente dalla bontà delle nostre decisioni – probabilmente non ci sono risorse da distribuire.
Del resto, il merito è misurabile, come spesso si sente dire, solo in base ai risultati che sono stati raggiunti.
E qui casca l’asino: sul concetto di merito. Se ascoltiamo come gli HR manager delle aziende descrivono le loro imprese, li sentiremo dire prima o poi che la loro organizzazione è meritocratica.
Ed è vero, quasi sempre: perché un qualche tipo di riconoscimento, anche solo simbolico, come ricompensa del merito, viene di solito previsto.
Il problema è nel concetto di merito. La grande maggioranza delle imprese lo identifica con i risultati. Mi permetto di esprimere il mio parziale dissenso. Acclarato che solo i risultati possono essere il criterio di base per l’incentivazione del personale, non possiamo scordarci un elemento fondamentale: la prestazione.
E la prestazione non coincide con il risultato, visto che il secondo dipende dalla prima, ma la prima non dipende dal secondo. Facciamo un esempio sportivo. Un saltatore in alto, in allenamento, salta 2 metri e 25, stabilendo in una certa data il proprio record personale. Qualche giorno dopo, a un meeting di atletica leggera, migliora ancora la propria prestazione e salta 2 metri e 26, classificandosi terzo. Passano due mesi, e in un’altra gara egli salta 2 metri e 20, peggiorando la propria prestazione, ma vincendo la gara.
È accaduto che, non per tanto suo merito, ma soprattutto per le inferiori prestazioni degli avversari, si è classificato primo. Vale la pena osservare che le prestazioni degli avversari non dipendono, ovviamente, da lui.
È giusto che gli venga conferita la medaglia d’oro che spetta al primo classificato? Certo, è ineccepibile. Non di meno, se fossimo il suo allenatore, dovremmo fargli notare che la sua prestazione è peggiorata, e che nei prossimi allenamenti dovrà impegnarsi di più, e non di meno, per migliorare. Allo stesso modo, nella gara in cui si era classificato terzo, è stato giusto assegnargli la medaglia di bronzo, e sarebbe stato folle dargli quella d’oro. Tuttavia, avrebbe meritato i nostri complimenti e il nostro sostegno, per aver ulteriormente migliorato la propria prestazione – e sarebbe invece stato sbagliato sul piano manageriale esprimere una valutazione negativa solo in base alla classifica finale della gara.
Credo che la metafora spieghi da sé la distanza esistente tra prestazioni e risultati, e spero che faccia riflettere sui guasti che può produrre confondere i due concetti.
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