I nemici dell’ascolto
Disturbi, distorsioni ed errori nell’ascolto
di Marco Labate
L’ambiente che ci circonda è un fornitissimo distributore di distrazioni. Il nostro stato d’animo e i nostri pensieri sono in grado di condizionare la nostra attenzione. Tutto questo ed altro ancora può rappresentare un disturbo che ci allontana dal nostro ascolto. Pertanto, è fondamentale sintonizzarci sulla stessa frequenza di comunicazione di chi ci parla, impegnarci nel mantenere l’attenzione e voler comprendere realmente quello che ci viene comunicato, senza subire interferenze e tenendo il canale di ricezione il più libero possibile.
Ormai è noto a tutti che l’essere umano non è in grado di svolgere con pieno profitto più azioni contemporaneamente. Questo vale anche per l’ascolto. Qualsiasi stimolo proveniente dall’esterno o dall’interno riduce inevitabilmente la nostra attenzione e provoca la distorsione o la perdita di parte del messaggio ricevuto. Approfondiamo allora alcune di queste cause di disturbo dell’ascolto che possono rendere più difficoltoso lo svolgimento del nostro compito di ascoltatore.
“Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee!” - G. Bernard Shaw
Elementi e fasi della comunicazione
Esaminiamo dove e come i disturbi all’ascolto si insinuano nelle diverse fasi del processo comunicativo. Comunicare significa “mettere in comune”, condividere e quindi è essenziale farsi capire. Il comportamento di uno influisce sull’altro, ed entrambi, chi trasmette e chi riceve, devono impegnarsi per far sì che il messaggio sia “disponibile” a tutti, cioè che arrivi chiaro e completo a destinazione, che sia trasferibile e che consenta la formulazione di una risposta.
Secondo il linguista J. Jakobson, quando comunichiamo facciamo parte di un processo ciclico suddiviso in diverse fasi:
Invio – Codifica – Messaggio – Decodifica – Ricezione – Feedback.
Il fallimento comunicativo può quindi verificarsi a causa dell’uso sbagliato di un elemento, la combinazione non idonea di più elementi principali della comunicazione o derivare da fattori di disturbo che si inseriscono nelle sei fasi del processo di comunicazione.
Condizioni ostative alla comprensione che possiamo riassumerne in tre cause principali:
- Emissione inefficace: l’emittente non riesce a tradurre efficacemente in codice il suo messaggio (può avere cause diverse, ad esempio dall’inibizione emotiva alla povertà lessicale).
- Ricezione inefficace: dovuta ad una deficienza sensoria del ricevente, o ai meccanismi di distorsione ambientale.
- Disgiunzione della comunicazione: quando le persone che interagiscono non condividono lo stesso codice (linguaggio o convenzioni non verbali).
Fonti principali di disturbo dell’ascolto che, esclusi i fattori fisiologici, come patologie e perdite momentanee dell’udito, sono generati dai fattori di disturbo classificati in:
- personali o psicologici, come la volontà e lo stato emotivo;
- relativi al rapporto, come i pregiudizi e le interpretazioni;
- esterni, come l’ambiente e le distrazioni sensoriali;
- culturali, come la scarsa conoscenza di una lingua.
“Ci vogliono due anni per imparare a parlare e 50 anni per imparare a tacere” - E. Hemingway
Non voler ascoltare
l più pericoloso dei fattori di disturbo è quello relativo alla nostra volontà, il nostro desiderio di ascoltare. Non stiamo parlando in questo momento della scelta di non ascoltare che possiamo definire “benevola” ma di una deliberata scelta di essere un ostacolo e quindi una causa di fallimento dell’interazione. Ci riferiamo alla mancanza del desiderio, l’orientamento a voler accogliere le interferenze, soprattutto le nostre, preferite al messaggio trasmesso e che sono una chiara presa di posizione del “non ascolto”. Lo facciamo per tanti motivi: non siamo d’accordo con quello che ci viene detto, ci dà fastidio il contenuto che ci stanno comunicando, non gradimento la compagnia o più semplicemente non abbiamo voglia di impegnarci in una conversazione. Sicuramente non vogliamo ascoltare in quel momento e preferiamo parlare o abbandonare la conversazione.
Una decisione che scaturisce dal nostro completo allontanamento dalla persona o dall’argomento, una maggiore attenzione (e importanza) attribuita a noi e ai nostri contenuti, oppure per una nostra eccessiva sensibilità alle distrazioni, comprese quelle personali. Fattori che ci trascinano irrimediabilmente verso il non ascolto. Se manca la volontà abbiamo già chiuso la porta all’interazione!
Uno dei motivi per il quale tendiamo ad interrompere e anticipare gli argomenti, dando precedenza a ciò che pensiamo (e vogliamo dire), è di certo l’applicazione dello scopo errato dell’ascolto: stiamo ascoltando per parlare!
“Se tu capissi tutto ciò che dico, saresti me” - M. Davis
Le cornici di riferimento
Le cornici di riferimento sono le contestualizzazioni individuali e la visione o livello di conoscenza dell’argomento o della situazione specifica da parte di chi partecipa al dialogo. È un elemento importante perché ci indica che cosa e dove dobbiamo guardare: è un vero e proprio punto di riferimento messo in evidenza da chi sta partecipando alla comunicazione. Ma se non compresa o se interpretiamo male alcuni segnali, la cornice di riferimento può creare pregiudizi e interpretazioni sbagliate. Se comprendiamo male un silenzio, un cenno, il resto del discorso verrà distorto dalla nostra valutazione errata.
Due interlocutori con due cornici differenti possono generare quindi un conflitto interpersonale, cioè quello che accade quando due individui interrompono la comunicazione a causa di punti di vista differenti, una situazione che può aggravarsi a causa della condivisione di emozioni forti e diverse. I conflitti possono essere anche latenti, percepiti o anche manifesti, fino a sfociare nell’ostilità.
La soluzione non è annullare la nostra cornice, al contrario è quella di voler esplorare a fondo il punto di vista dell’altro e accettare la sua cornice. Solo a questo punto saremo in grado di esporre la nostra. Se accettiamo reciprocamente le nostre cornici, generiamo lo scenario ideale per un ascolto efficace.
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Il linguaggio e le sue insidie
Un fattore di distrazione dovuto al linguaggio può essere il time lag. Pronunciamo in media 200 parole al minuto mentre siamo in grado di riceverne più del doppio. Abbiamo perciò spazi da riempire e per pensare ad altro. Colui che ascolta deve impegnarsi a mantenere l’attenzione e resistere alle distrazioni e alla tentazione di riempire gli spazi vuoti. Chi parla deve stare attento a non facilitare la distrazione altrui con un lessico complicato, in una cornice sbagliata o con un eloquio non attraente per l’ascoltatore.
Quando ascoltiamo vogliamo avere la sensazione che ne valga la pena, che le informazioni siano nuove, utili e soprattutto interessanti. La curiosità è un ottimo carburante per l’ascolto. Pensare di sapere cosa stiamo per ascoltare destabilizza l’ascolto a causa della mancanza di curiosità. Ci piace stupirci e scoprire continuamente cose nuove o semplicemente nuovi particolari. Ci piace apprendere nuovi punti di vista e ci sorprendiamo anche quando qualcosa di nuovo esce dalla nostra bocca.
Le persone e le loro vite sono per questo motivo imprevedibili e ci piacciono anche per questo. Perdipiù, se chi parla risulta noioso, usa termini e metrica per noi difficili, non può evitare di farci perdere di conseguenza l’interesse verso l’argomento e dopo un po’ non ce la facciamo sicuramente a mantenere l’attenzione anche se ci impegniamo al massimo.
Quando parliamo, il nostro lessico, la nostra metrica comunicativa, la nostra voce (tono, velocità, volume) deve essere adeguata e variare in base alle necessità e al passo specifico del discorso.
Fattori semantici
Secondo Treccani il lessico comune è costituito da 47.000 vocaboli. All’atto pratico il vocabolario con il quale copriamo la quasi totalità dei nostri discorsi, contiene circa 7.000 parole che possiamo suddividere in:
- Lessico fondamentale: circa 2.000 vocaboli di uso frequente e dei quali siamo padroni del significato e dell’uso. Si tratta del lessico che usiamo di più.
- Lessico di alto uso: meno frequente del primo e usato marginalmente nel parlato quotidiano. Significati e uso non sono comuni e dipendono dall’istruzione e attitudine personale. Provengono principalmente dall’apprendimento scolastico.
- Lessico di alta disponibilità: si tratta di vocaboli non frequenti come i primi due ma comprensibili a tutti. Si usano raramente ma hanno il vantaggio di essere capiti (es. usiamo il termine “asino” per esprimere il concetto di “stupido”).
Da ulteriori ricerche risulta che una persona in media tende ad usare quotidianamente le stesse 500 parole. Se aggiungiamo a questi numeri che alcuni vocaboli possono avere diversi significati e che siamo noi stessi ad attribuirne altri a causa della conoscenza sbagliata del termine o a retaggi dialettali, possiamo immaginare quante migliaia di significati abbiamo a nostra disposizione.
Ognuno di noi attribuisce un significato che proviene anche da filtri personali relativi a convinzioni, educazione e istruzione. In aggiunta, i nostri pregiudizi relativi a una persona o a un argomento contribuiscono a conferire alla parola un significato del tutto personale, diverso da quello trasmesso. Ed ecco servito su un piatto d’argento il fraintendimento!
Fino a qui abbiamo parlato di due persone, ma quando se ne aggiungono altre nella stessa conversazione la situazione si fa più complessa.
Le distrazioni, sensoriali ed emotive
Secondo D. Goleman, l’autore del libro Intelligenza emotiva le distrazioni sono di due tipi:
sensoriali ed emotive. Le prime riguardano ciò che succede intorno a noi, le seconde a ciò che succede dentro di noi, dovute al nostro dialogo interiore. Le fonti di distrazione sono infinite e sono legate ad una certa predisposizione personale.
L’ambiente che ci circonda può essere fonte di disturbo dell’ascolto e quindi limitare la comprensione. Dobbiamo scegliere il luogo ideale e il momento adatto per creare il corretto contesto sensoriale. Se le condizioni ambientali (rumori e distrazioni visive) o il momento non sono adeguati siamo costretti a spostarci o a rimandare.
Alcuni rumori interferiscono principalmente con l’udito e altri interferiscono con l’ascolto. I rumori ambientali (persone che parlano, i rumori del traffico, ecc.) interferiscono con gli aspetti fisiologici dell’udito, i rumori psicologici (stress, rabbia, ecc.) interferiscono con i processi cognitivi dell’ascolto.
Se siamo distratti da altri pensieri o semplicemente il nostro stato emotivo non è adeguato all’ascolto, non saremo in grado di garantire l’attenzione necessaria. Anche in questo caso, come per quelli sensoriali, spegnere i rumori interiori non è sempre semplice.
Il fattore tempo è un’altra possibile fonte di distrazione. Se abbiamo a disposizione un’ora di tempo e sappiamo che immediatamente dopo abbiamo un altro impegno, appena ci avvicineremo allo scadere del tempo entreremo in ansia, la nostra attenzione diminuirà e passeremo a dare maggior spazio al pensiero dell’imminente impegno e alla preoccupazione per il possibile ritardo.
Questo stato di agitazione sarà sempre più evidente anche a chi ci sta di fronte, noterà il nostro allontanamento, perderà motivazione e interesse a raccontare e appena scade l’ultimo minuto avremo entrambi perso ormai definitivamente il nostro interesse.
“Il pregiudizio è un processo che porta ad attribuire a una persona sconosciuta i tratti e le caratteristiche ritenute tipiche del suo gruppo di appartenenza” – R. Brown
Interpretazioni e pregiudizi
Alcune volte tendiamo ad interpretare, lo facciamo anche in maniera automatica, senza rendercene conto. Non ascoltiamo quello che ci stanno dicendo ma piuttosto diamo la precedenza a opinioni precostituite, a dare giudizi e tendiamo a generalizzare in base a dei preconcetti.
La classificazione generalista delle persone apre le porte alla formulazione di giudizi che potrebbero non essere corrispondenti delle reali caratteristiche delle persone. Questo processo viene definito, appunto, pregiudizio. In sostanza, i pregiudizi sono giudizi imprecisi o errati e formulati in modo superficiale, in quanto privi di una competenza approfondita di un determinato argomento e possono portare ad assumere atteggiamenti scorretti.
Quando interpretiamo, valutiamo in modo errato lo stato d’animo, l’atteggiamento o le parole degli altri, distorcendo il messaggio che riceviamo, compromettendo la corretta decodifica del messaggio.
Una espressione pericolosa dell’interpretazione è quella che potremmo chiamare “la lettura del pensiero”. In questo caso siamo artefici di un pregiudizio basato sul fatto che vogliamo immaginare quello che sta pensando l’altra persona, lo interpretiamo anche in base a esperienze passate o informazioni ricevute, lo facciamo diventare una convinzione e ne condizioniamo di conseguenza la comunicazione. Ascolteremo e risponderemo in base a questa convinzione allontanandoci dal reale messaggio ricevuto e dal suo obiettivo.
Quando ascoltiamo dobbiamo essere:
- sinceramente interessati, disponibili e aperti all’ascolto;
- attenti a chi ci parla e non ai nostri discorsi interni;
- lontani dai pregiudizi e interpretazioni;
- allineati nelle cornici, nel lessico e nei significati;
- distratti da noi stessi e dalle nostre opinioni;
- capaci di comprendere i fatti e le emozioni.
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Letture consigliate:
- Marco Labate, “ASCOLTABILITY: Guida all’ascolto efficace” – Self Publishing (22 febbraio 2023)
- Plutarco, “L’arte di ascoltare (e di tacere)” – Garzanti (2018)
- Edgar H. Schein “L’arte di far domande. Quando ascoltare è meglio che parlare” – Guerini Next (2014)
- Dale Carnegie, “Come diventare un comunicatore eccezionale” – Bompiani (2019)
- Daniel Goleman “Intelligenza sociale. Entrare in sintonia con gli altri per costruire relazioni felici” – Rizzoli (2007)
- Franco Nanetti, “Assertività ed emozioni. Manuale di formazione integrata alla comunicazione efficace” – Pendragon (2008)
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💡 Rifletti!
- Hai mai sperimentato una situazione in cui ti sei reso conto di essere distante dall’ascolto a causa di interferenze personali o ambientali? Come hai affrontato quella situazione?
- Quali sono le principali sfide che incontri quando cerchi di mantenere la concentrazione durante una conversazione o una presentazione?
- Come puoi migliorare la tua capacità di ascoltare attivamente gli altri e comprendere appieno il loro messaggio?
- Quali strategie puoi adottare per evitare di cadere nei pregiudizi e nelle interpretazioni errate durante una conversazione?
- Pensi che la tua cornice di riferimento influenzi il modo in cui ascolti gli altri? In che modo potresti essere più aperto a diverse prospettive?
- Come gestisci le distrazioni interne ed esterne durante una conversazione? Quali tecniche puoi utilizzare per mantenere un livello elevato di attenzione?
- Qual è stata l’esperienza di ascolto più significativa che hai avuto? Cosa hai imparato da quella situazione?
- Come puoi sviluppare la tua curiosità e il desiderio di ascoltare gli altri in modo più profondo ed empatico?
- Quali sono i passi concreti che puoi intraprendere per migliorare la tua comunicazione e le tue capacità di ascolto in generale?
- Riflettendo sugli ostacoli all’ascolto menzionati nell’articolo, quali ritieni siano le sfide più grandi per te personalmente e come intendi superarle?