Il lavoro e la nostra identità
Non avere un lavoro può avere molti risvolti dolorosi. Non si tratta solo di perdere certezze legate al nostro quotidiano più potente, quelle delle bollette, delle rate insomma della pura sopravvivenza materiale.
Oltre alla serenità di un conto in banca sempre in attivo, anche nelle emergenze, servirebbe una identità adattiva. Al conto corrente, alle relazioni intime e a quelle amicali, al lavoro che si svolge.
Che lavoro fai equivale quasi – assolutamente – a chi sei, in una società che non distingue il ruolo dall’identità.
Se dico che faccio l’imbianchino, pensi che ascolto Beethoven? Se dico che scrivo poesie, pensi che faccio la guardia giurata? Se dico che sono una mamma, pensi che questo ruolo è un lavoro e viceversa? Qual è il confine tra quello che facciamo e quello che siamo?
Ovviamente non esiste una risposta universale. Chi ha la fortuna di fare quello che ha sempre sognato, neppure si pone la questione. Ma nel mare magnum della nostra fugace esistenza, investire in un lavoro qualsiasi dovrebbe lasciare spazio ad un equivalente investimento su noi stessi, quindi laboro ergo sum perché in quello che faccio ci metto tutti i miei talenti e le mie abilità anche se non è nemmeno lontanamente quello che desideravo da bambina.
Che era, nella mia storia, diventare archeologa, mentre ora mi occupo di prenotazioni alberghiere. Cavoli a merenda, certo ma c’è il segreto. Segreto che si traduce in una formula di buon senso con un pizzico di fortuna e tanto impegno. Alla fine mi ritrovo a lavorare nell’ufficio prenotazioni di un castello del XI secolo. Qualche ricerca nella biblioteca locale, qualche informazione estorta a chi conosce i luoghi e nasce il matrimonio tra la mia identità di ricercatrice mancata e il luogo che tutti i giorni mi fa da casa altra.
Entro in ufficio e cammino sulla storia, letteralmente. Mentre varco la soglia, penso a quante orme stanno li sotto la mia, quante vite, quante fatiche, quanti lavori. Mi sento fortunata a stare li a raccontare a ospiti o curiosi di passaggio qualche brandello di passato, di vicende, personaggi e aneddoti.
In un giorno qualsiasi di tarda estate entra nel castello una famiglia e vengo chiamata per portarla a fare un giro, vedere qualche camera e ammirare la vista spettacolare sulla magnifica valle sottostante. Le due bambine si sentono già principesse e il padre mi chiede della storia di quel luogo. Li accompagno prima alle terme, al loggiato poi salgo fino all’ultima camera della torre. Li immagino in un’altra epoca perché da li vengono di certo.
E’ magia. Il mio lavoro, il mio sogno e la mia identità, coincidono in una situazione temporale bizzarra.
Vale a dire …
Non dovremmo mai sottovalutare l’importanza di fare coincidere i nostri sogni con la realtà, il nostro lavoro con la nostra identità. Se manca il legame, la relazione, allora ci mancherà un pezzo fondamentale di noi stessi e le conseguenze potrebbero essere gravi.
Questo dovrebbe essere il significato di risorsa umana, un persona che si fa carico del suo ruolo con qualsiasi risorsa abbia a disposizione senza prescindere dalla sua natura e dai suoi sogni.
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Riflessioni che dimostrano un carattere particolarmente umano. L’articolo di Simona è un contributo significativo all’intera comunità delle risorse umane.