Il ruolo dell’aspetto fisico nei colloqui di lavoro

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Il ruolo dell’aspetto fisico nei colloqui di lavoro

di Alessandro Nicolosi

La fase del colloquio di lavoro, per quanto “decisiva” per l’azienda nella scelta della nuova risorsa da assumere, rappresenta anche un investimento “astratto” per il recruiter poiché effettivamente non c’è un modo esatto di essere sicuri delle reali prestazioni del(la) candidato(a).

La scelta tra i candidati che si sono presentati al colloquio puó essere vista, in realtà, come una scommessa sul futuro basata su una serie di criteri. Nella fase del colloquio, infatti, siamo coinvolti in una forma di rappresentazione orchestrata: i selezionatori sanno bene che i candidati non mostrano tutte le sfaccettature della loro personalità così come i candidati sospettano che i selezionatori presentino solo gli aspetti migliori della posizione da ricoprire e della situazione dell’azienda in termini di performance.

Ciò che viene valutato durante il colloquio di lavoro non è il percorso professionale o le qualifiche del candidato; questi elementi sono già stati studiati durante una fase di preselezione basata su CV e/o test preselettivi. La scelta finale dunque non si basa mai sulla trascrizione testuale del colloquio di ciascun candidato ma su tutto ciò che è stato trasmesso durante il tempo di scambio tra il candidato ed il selezionatore. Così come l’immagine di un’azienda è in gioco ogni giorno anche i candidati devono mantenere le proprie apparenze per massimizzare le loro possibilità di essere selezionati.

Apparenza deriva dal latino “apparentia”, che significa ciò che appare all’esterno. L’apparenza comprende spesso l’azione associata all’apparire, cioè il dare spettacolo o il farsi notare. Quest’ultimo punto è davvero centrale perché è proprio la nostra capacità di distinguerci positivamente dagli altri candidati che favorirà le nostre possibilità. Come abbiamo appena detto, il colloquio di lavoro è come una forma di gioco in cui tutti i giocatori puntano sulle apparenze per convincere gli altri delle proprie qualità e prestazioni senza che queste siano realmente quantificabili e verificabili in quel momento. Sembra quindi quasi legittimo stabilire il ruolo giocato dall’apparenza, che definiremo come aspetto fisico, nel processo di colloquio di assunzione.

Lowman, Harms e Mills (2019) esplorano il modo in cui l’aspetto fisico dei candidati influenza i giudizi degli intervistatori durante il processo di selezione. Gli autori discutono le implicazioni dei loro risultati per le pratiche di assunzione e la formazione degli intervistatori. Sottolineano la necessità di una maggiore consapevolezza dei potenziali pregiudizi associati all’aspetto fisico e raccomandano lo sviluppo di strategie per minimizzare la loro influenza sulle decisioni di assunzione. L’articolo invita anche ad una riflessione più ampia sulle norme culturali e organizzative che valorizzano determinate apparenze fisiche a scapito dell’equità e della diversità sul posto di lavoro.

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L’aspetto fisico come abilità?

L’idea che l’aspetto fisico influenzi le decisioni di assunzione non è nuova. Tuttavia, la portata e la complessità di questo impatto meritano di essere approfondite in quanto rivelano non solo pregiudizi inconsci ma anche aspettative sociali e professionali che modellano il processo di selezione dei candidati.

L’effetto dell’attrattività non è uniforme per tutti i generi e per tutti i tipi di lavoro. È influenzato dal sesso del candidato e dalla natura del lavoro offerto. Alcuni studi hanno dimostrato che, ancora oggi, per alcune posizioni tradizionalmente maschili o di alto livello, l’attrattività delle donne può non essere percepita come un vantaggio o addirittura come uno svantaggio (Desrumaux et al., 2009). Questi risultati evidenziano la necessità per le organizzazioni di riconsiderare le proprie pratiche di assunzione per promuovere una valutazione più giusta ed equa dei candidati, basata sulle competenze e sulle qualifiche piuttosto che su criteri estetici soggettivi.

La “valutazione fisica” viene effettuata rapidamente, non appena il candidato entra nella stanza in cui si svolgerà il colloquio. Come nella vita di tutti i giorni, quando incontriamo qualcuno, il primo sguardo determina in genere l’opinione che avremo della persona. Logicamente, la prima impressione gioca un ruolo decisivo anche nei primi momenti di un colloquio di lavoro. La ricerca di Dougherty e Turban (1999) ci porta al cuore di questa dinamica esplorando come queste impressioni iniziali plasmino non solo la percezione che l’intervistatore ha del candidato, ma anche il modo in cui l’intervistatore conduce il colloquio.

Questo studio mette in luce il fenomeno dell’effetto conferma, in cui l’intervistatore, spesso inconsciamente, cerca di convalidare le proprie impressioni iniziali sul candidato. Che si tratti della scelta delle domande poste, dell’interpretazione delle risposte del candidato o anche del linguaggio del corpo, ogni aspetto del colloquio può diventare un mezzo per l’intervistatore per confermare la sua prima impressione, sia essa positiva o negativa.

Il contributo di Dougherty e Turban (1999) evidenzia un aspetto fondamentale del colloquio di lavoro: si tratta di uno scambio profondamente umano, influenzato dalle nostre percezioni, dai nostri pregiudizi e dalla nostra ricerca di conferme. Questa realtà umana ci ricorda l’importanza per i selezionatori di fare un passo indietro, mettere in discussione le loro prime impressioni e sforzarsi di adottare un approccio più obiettivo e inclusivo nella valutazione dei candidati.

Incorporare nelle pratiche di colloquio la comprensione dell’impatto delle prime impressioni e dell’effetto conferma potrebbe portare a processi di assunzione più equi. Ciò comporterebbe la formazione degli intervistatori a riconoscere i propri pregiudizi, l’utilizzo di colloqui strutturati per ridurre al minimo lo spazio lasciato ai giudizi soggettivi e l’incoraggiamento di una cultura del reclutamento che valorizzi l’equità e l’obiettività, che spesso porterebbe a colloqui basati più sulla sostanza che sulla forma.

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  • Desrumaux, P., De Bosscher, S., & Léoni, V. (2009). Effects of facial attractiveness, gender, and competence of applicants on job recruitment. Swiss Journal of Psychology68(1), 33-42.
  • Dougherty, T. W., & Turban, D. B. (1999). Behavioral confirmation of interviewer expectations. The Employment Interview Handbook, 217-228.
  • Lowman, G. H., Harms, P. D., & Mills, M. J. (2019). The influence of job candidates’ physical appearance on interview evaluations. Journal of Personnel Psychology.

 

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Alessandro Nicolosi
Alessandro Nicolosi lavora nel Dipartimento delle Risorse Umane dell’Ambasciata del Canada presso l’Unione Europea, a Bruxelles, ed é Assistente HR presso il Career Center della Montpellier Business School, in Francia, dove ricopre anche il ruolo di Docente a Contratto. Dopo la Laurea Magistrale in Finanza Aziendale (Summa cum Laude) presso l’Università di Catania, nel 2018 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Management presso l’Université de Montpellier ed ha svolto un periodo di ricerca accademica alla Southampton Business School, in UK. I suoi temi di ricerca riguardano le alleanze strategiche e l’innovazione ed attualmente lavora su progetti universitari che analizzano l’implicazione delle nuove tecnologie nella funzione HR delle aziende.

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