Ai per HR - intervista ad Anna Rado e Alberto Giusti

AI per HR. Il Futuro del Lavoro tra Innovazione e Intelligenza Artificiale

Intervista ad Anna Rado e Alberto Giusti

L’intelligenza artificiale non è più solo una promessa per il futuro: è una realtà operativa, già in grado di trasformare profondamente il modo in cui lavorano le organizzazioni, soprattutto nei processi legati alle risorse umane. Dalla selezione alla formazione, dai people analytics alla gestione del clima interno, l’AI offre strumenti potenti per rendere i processi più efficienti, strategici e orientati al valore.

A questo webinar sono intervenuti Anna Rado, manager dell’innovazione, e Alberto Giusti, imprenditore e business angel, co-autori del libro AI per HR. Come l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando le Risorse Umane e il futuro del lavoro.

Il dialogo, moderato da Fulvio Palmieri, ha approfondito con approccio pragmatico e divulgativo le opportunità e i rischi dell’adozione dell’AI nell’HR, con un focus particolare sulla necessità di costruire consapevolezza, superare i pregiudizi, e guidare il cambiamento culturale nelle aziende.

Accanto ai concetti teorici, i relatori hanno condiviso casi concreti, strumenti e riflessioni etiche, sottolineando come l’innovazione tecnologica – se ben orientata – possa non solo migliorare i processi, ma anche restituire centralità alle persone.

Un breve riassunto dell’intervista ad Anna Rado e Alberto Giusti

Fulvio Palmieri (F.P.) ha condotto l'intervista ad Anna Rado (A.R.) e Alberto Giusti (A.G.)


F.P.: Perché avete deciso di scrivere AI per HR?

A.R.: Volevamo creare uno strumento divulgativo, capace di accompagnare anche chi ha meno familiarità con il tema a comprendere cosa sia oggi l’intelligenza artificiale e come possa supportare concretamente la funzione HR. È un invito alla consapevolezza e alla sperimentazione.

F.P.: Quali sono gli ambiti in cui l’AI sta già facendo la differenza nelle risorse umane?

A.G.: In particolare nel recruiting, nella formazione e nella people analytics. L’AI consente di automatizzare attività ripetitive e di liberare tempo per azioni più strategiche e relazionali. Non è necessario essere tecnici: è importante conoscere le funzionalità fondamentali.

F.P.: Quali ostacoli culturali e organizzativi avete individuato?

A.R.: Il principale ostacolo è il mindset. Occorre superare timori e pregiudizi, ma anche evitare un utilizzo ingenuo dell’AI come semplice “copia e incolla”. L’AI va governata con policy chiare, a tutela di dati, identità e diritti delle persone.

F.P.: Nel libro citate diversi esempi. Ce n’è uno in particolare che volete condividere?

A.R.: Sì, il caso di Laura Sposato, che ha sviluppato uno strumento basato su AI per analizzare le soft skill attraverso brevi video-colloqui. È un esempio virtuoso di giovane imprenditoria tech italiana, capace di coniugare innovazione, esperienza utente e impatto positivo.

F.P.: L’AI può generare disuguaglianze o discriminazioni?

A.G.: Sì, se non si presta attenzione ai bias presenti nei dati storici. È fondamentale “ripulire” i modelli prima del loro utilizzo, per evitare che l’AI riproduca ingiustizie esistenti. L’etica deve sempre guidare l’innovazione.

F.P.: Da dove può iniziare un HR per introdurre l’intelligenza artificiale?

A.R.: Dal purpose aziendale. L’AI non è un fine in sé, ma uno strumento. Serve partire da ciò che è davvero importante per la propria realtà organizzativa.

A.G.: E poi “sporcarsi le mani”: iniziare, testare, sbagliare, imparare. L’innovazione si costruisce anche attraverso l’errore. L’importante è cominciare.

Cosa abbiamo imparato?

Il webinar dedicato al libro AI per HR ha messo in luce alcuni punti chiave su cui ogni HR, manager o imprenditore dovrebbe riflettere per affrontare con lucidità e concretezza l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro:

  • L’AI è uno strumento, non un fine: il suo valore dipende da come viene integrata nei processi e da quali obiettivi aziendali intende supportare.

  • La consapevolezza è il primo passo: prima di parlare di strumenti, occorre conoscere i principi, le logiche e i limiti dell’AI. Senza questa base, ogni applicazione rischia di essere superficiale o controproducente.

  • Non basta la tecnologia, serve il mindset: il cambiamento richiede apertura, curiosità, spirito critico e cultura dell’errore. L’AI può portare valore solo in contesti pronti ad accoglierla.

  • La centralità dell’umano resta intatta: l’AI può liberare tempo, ma le decisioni, le relazioni e l’etica restano in mano alle persone. Il fattore umano è ciò che dà senso all’innovazione.

  • Le sfide sono anche normative ed etiche: privacy, governance dei dati, bias nei modelli e utilizzo responsabile dell’AI sono aspetti da affrontare con attenzione, non solo tecnica ma valoriale.

  • Si parte dalle domande giuste: ogni azienda dovrebbe chiedersi “Perché vogliamo adottare l’AI? A servizio di quale purpose?” Solo così si potrà fare una scelta consapevole e sostenibile.

  • Il consiglio finale? Sperimentare senza timore, imparare dagli errori e agire con progressività.

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