HR e filosofia: punti di contatto tra discipline diverse
Non è un segreto che la gestione delle risorse umane sia uno dei campi di lavoro più ambiti per i neolaureati in discipline umanistiche. Sto parlando di quel gruppo di corsi di laurea di cui fanno parte, tra le altre, le facoltà di filosofia, lettere, giurisprudenza e scienze politiche. Tuttavia, raramente vengono date delle ragioni stringenti per una simile vicinanza, spesso riassunta in una vaga assonanza tra il concetto di umanesimo e la cura del lato umano dei rapporti di lavoro.
Da ex studente del corso di laurea triennale in filosofia, mi piacerebbe evidenziare alcuni punti di contatto più celati, ma a mio parere rilevanti, tra la disciplina filosofica e quella della gestione delle risorse umane.
1) Il punto di vista
Uno dei capisaldi delle scienze filosofiche è la prospettiva dalla quale vengono analizzate di volta in volta diverse questioni. Lo sguardo del filosofo costituisce un ponte di raccordo tra differenti discipline sugli stessi problemi; tramite esso vengono fatti comunicare sullo stesso piano linguaggi tra di loro incompatibili. In una parola, la riflessione filosofica è più spesso una meta-riflessione: non una riflessione tutta interna a una disciplina, ma sulle discipline stesse e il loro modo di operare. Questo meta-sguardo ricorda, in maniera simile, quello dell’esperto di HR; egli non si focalizza su particolari tecniche o fasi di produzione, bensì su ciò che in primo luogo rende possibile il lavoro, ossia la componente umana. La stessa che si trova come denominatore comune a una varietà pressoché infinita di settori lavorativi.
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2) La materia
La materia di competenza del filosofo è andata progressivamente a restringersi dall’antichità ai giorni nostri. Si può dire che gran parte della filosofia del ‘900 sia una riflessione sulla sfera dell’umano, del suo essere e del suo benessere, ma anche sull’interazione tra essa e la tecnologia. Intere branche di studio della filosofia, dalla bioetica alla filosofia cognitiva, fanno ampio uso delle conoscenze biologiche e psicologiche che abbiamo sull’uomo. Allo stesso modo, la materia maneggiata dall’esperto di HR è prettamente umana. Egli deve sapere bilanciare con cura gli aspetti emozionali e razionali delle persone con cui si relaziona; di più, deve conoscere le principali leve motivazionali del comportamento e la psicologia umana nel suo complesso. Sul piano dell’indagine storica, tutt’altro che inerte, egli dovrebbe essere cosciente del ruolo svolto dalle grandi narrazioni nel mondo del lavoro, e del rapporto sempre in evoluzione con le tecnologie digitali (con i relativi rischi e tutele).
3) Il metodo
Il concetto di metodo di lavoro potrà suonare rigido tanto alle orecchie di un filosofo quanto a quelle di un esperto di HR. Tuttavia, ci sono modalità di pensiero e di scoperta che sono più efficaci rispetto ad altre, a seconda delle situazioni; e acquisire una metodologia elastica è sicuramente un grande punto di partenza per potersi affacciare a un problema. Per questo motivo, discipline che stimolano il pensiero riflessivo, la capacità di auto-esaminarsi e l’attitudine a valutare con rigore le questioni sono la spina dorsale della filosofia: basti pensare alla gnoseologia e alla filosofia teoretica. Ugualmente, l’esperto di HR deve saper porre e porsi le domande giuste in ogni situazione, riflettendo sul proprio corso d’azione per poterne individuare le possibili fallacie e pregiudizi, soppesando con perizia tutti gli elementi in gioco. Il suo metodo deve andare di pari passo con la volontà costante di apprendere e migliorarsi; non si tratta di un set di regole predefinite, quanto più di una corretta postura mentale.
Questi sono solo alcuni dei fili rossi che collegano gli ambiti della filosofia e dell’HR. L’auspicio è quello di assistere al formarsi di un rapporto sempre più funzionale tra tutte le discipline umanistiche e il mondo lavorativo della gestione delle risorse umane.
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