Il giudizio: i bias cognitivi nella valutazione e l’importanza della consapevolezza
Orientarsi su standard lavorativi e mantenerli non sempre risulta facile.
Lavorare vuol dire innanzitutto entrare a far parte di un processo che coinvolge molteplici variabili: rapporti interpersonali, qualità lavorativa, quantità prodotta, sacrifici, benessere emotivo, performance, volontà, condizioni, conseguenze, economia ecc. A fare la differenza, però, è la capacità di saper gestire la propria persona.
Spieghiamoci meglio: ciò va a intendere che l’essere umano incontra diversi fattori, sia in ambito professionale, che personale ma questi non devono in alcun modo interferire sulla propria autostima.
Quante volte, dopo una giornata lavorativa, capita di tornare a casa sconfortati o stanchi sia fisicamente che mentalmente?
Molte volte sarà capitato anche di credere/pensare che forse non abbiamo fatto abbastanza, o peggio, che non siamo adatti a quel tipo di lavoro.
Questo è quanto può accadere soprattutto dopo un eventuale colloquio con un Recruiter.
L’uomo è in realtà un contenitore di conoscenze, ciascuno ha delle proprie competenze che vanno a delineare l’immagine che si ha e si offre di sé, anche se non sempre si riesce a suggellare a chi abbiamo di fronte.
Ognuno dovrebbe memorizzare per sempre il modello triadico “sapere, saper fare, saper essere“, e partire in ogni cosa che si fa, da e con questa convinzione.
Accade però che la mente umana si annebbia di scenari nefasti e inizia a indurre in errore generando dubbi e perplessità:
“Cosa ho sbagliato?” “Perché non ha scelto me?” “Avrò fatto una buona impressione?”
Mille possono essere le domande che una Risorsa si pone soprattutto durante o dopo un colloquio lavorativo, ma le titubanze sorgono anche in chi ci seleziona.
La Valutazione della Performance è uno strumento utilizzato non soltanto dal Recruiter, ma anche da noi stessi nella vita personale e nella nostra quotidianità perché viviamo la giornata sfidandoci e mirando al raggiungimento di obiettivi, in un’ottica di arricchimento, cercando di misurarci con le nostre potenzialità/capacità, al fine di capire quali possono e devono essere le nostre aree di miglioramento.
Il giudizio è un qualcosa che risulta antipatico, o assai temuto, ma dobbiamo pensare che non si tratta solo di un’accezione negativa o di uno strumento di denigrazione, bensì di una riflessione su cosa funziona e cosa no, per questo rendere il giudizio nostro alleato può essere una soluzione mentale in grado di sbloccare numerevoli aspetti.
Valutare e reclutare una Risorsa non è mai facile, soprattutto se i fattori a disposizione non sono molti.
Spesso si esprime un giudizio a “prima vista”, o a “primo impatto”, per cui è facile incorrere in errore: nella valutazione è possibile riconoscere l’ EFFETTO ALONE, nient’altro che un bias cognitivo che altera la percezione di un individuo influenzandolo su aspetti positivi o negativi.
Un classico esempio è valutare una Risorsa in base all’aspetto fisico: se appare curata e ordinata ci sembrerà più affidabile, se ha un colore di capelli insolito ci sembrerà una persona egocentrica ecc…
A coniare questa espressione fu lo psicologo Edward Thorndike riprendendo il concetto di “aura” che appare su ciascuno esser umano, la luce o l’alone che ciascun individuo ha attorno a sé, che genera una prima impressione positiva o negativa.
La realtà è che, purtroppo, il primo impatto è di fondamentale importanza, seppur seguito da distorsioni cognitive generate che però hanno notevole conseguenza sull’impressione generale.
L’EFFETTO ALONE è ricorrente però, purtroppo, non solo in ambito Risorse Umane, ma anche nel Marketing, e quindi in ambito commerciale. Il “Design” è ciò che colpisce a prima vista, e se è vero che “l’abito non fa il monaco”, è anche vero che non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione, per cui valutare per un essere umano è davvero come camminare in un campo minato ed incorrere in errore è assolutamente fattibile.
Come fare per evitare un effetto boomerang sul giudizio globale? Essere solari, trasparenti, onesti, ordinati e coerenti è già un inizio, entrare in empatia farà tutto il resto, (forse), accettando che esisterà sempre la possibilità di andare incontro a pattern distorsivi.
Nelle Risorse Umane la Risorsa deve considerare il giudizio un alleato, un amico che dà consigli su come e dove migliorare, e comprendere su quali punti di forza puntare nei primi sette minuti per evitare che il Reclutatore possa cadere in errore e offuscarsi di bias distorsivi.
Ricordiamo che anche il selezionatore ha paura di non valutare correttamente un possibile dipendente, e può quindi non essere a volte all’altezza di prestare la giusta attenzione ai dettagli, perdendo la possibilità di fare la giusta scelta.
Non a caso, uno dei principi del metodo Kaizen è proprio l’arte dell’apprendimento dei propri errori come esperienza di maturità, il non biasimare, ma utilizzare critiche costruttive o negative come normale processo esperienziale, al fine di ottenere un migliore risultato futuro.
Il giudizio consente alla Risorsa di sviluppare attraverso una self analysis maggiore consapevolezza di sé e potenziare le proprie skills al fine di costruire uno scudo protettivo in ambito personale e lavorativo.
Cerchiamo di valorizzarci e migliorare ogni giorno, affinché chi ci circonda possa riuscire a “leggere” e immaginare il nostro contenuto oltre al nostro Design, riuscendo a trasmettere quello che è il nostro viaggio introspettivo, con la speranza di “deviare” un’errata decision making nel prossimo.
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