Il Gender Pay Gap: un segreto salariale?
Sempre più attuale è il tema del Gender Pay Gap, tradotto come Divario Retributivo di genere, nonchè la differenza retributiva oraria lorda media tra uomini e donne.
Uno svantaggio da tenere d’occhio, che nel 2023 è apparso paradossale.
Secondo la Boston Consulting Group le aziende con almeno tre donne dirigenti hanno un aumento del ROE di 11 punti percentuali in più, in netto vantaggio, diremmo.
Ma nel 2024 è ancora possibile affrontare certe tematiche?
Come spieghiamo dunque i vantaggi del lavoro femminile con quelli del lavoro maschile?
E’ totalmente assurdo creare ancora tali divari nel genere umano, se pensiamo che siamo arrivati all’intelligenza artificiale eppure continuiamo a perderci in situazioni irrisorie.
Per Gender Pay Gap si intende il divario salariale tra uomini e donne a parità di mansione e ruolo.
E’ possibile classificare due tipologie di differenza di retribuzione:
- il gender pay gap complessivo che considera salario orario, numero totale mensile delle ore retribuite e tasso di occupazione femminile
- gender pay gap grezzo che si basa sulla differenza della retribuzione lorda oraria
Secondo la media campionaria è possibile notare come la quantità del lavoro tra uomini e donne segua un andamento opposto: le donne risultano collocate in profili lavorativi meno adeguati e i contratti di gran lunga stipulati sono i part time.
Sempre più donne affermano di ottenere contratti con non più di 30 ore settimanali, o addirittura di prolungare l’orario lavorativo lavorando full time pur avendo contrattualizzate la metà delle ore.
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E’ possibile così parlare di “zone grigie” del lavoro, quel netto divario tra uomini e donne che sopravvive all’era moderna, l’era tecnologica, l’era del quasi tutto è possibile ma che ahimè non trova ancora cura.
Rilevazioni ufficiali (Istat 2021) affermano che livelli di istruzione differenti giocano certamente ruoli determinanti nei trattamenti retributivi, oltre agli anni di esperienza lavorativa, eppure oltre al fatidico gender pay gap, il dato che più preoccupa è quello relativo al percorso professionale/personale, in quanto più di un terzo delle donne dichiara di non aver raggiunto una crescita lavorativa appagante e di non aver ancora realizzato gli obiettivi professionali.
Complice questo divario esistente, o una retribuzione non adeguata che non stimola lavorativamente, contratti forfetizzati, o paradossalmente le fatidiche 24 h giornaliere che risultano non essere mai abbastanza?
L’indice di insoddisfazione cresce a dismisura, così come la voglia di sfidare le vette più alte affrontando la vita stessa.
Parlare di possibili soluzioni è certamente plausibile se si ambisce a una maggiore equità di pensiero, migliorando innanzitutto non solo le retribuzioni ma soprattutto la qualità del lavoro e conquistando una maggiore fetta di partecipazione femminile nel mercato lavorativo.
Equità: è questa la nuova filosofia di pensiero che in realtà da sempre dovrebbe esistere, d’altronde però secondo altri studi non sembra emergere proprio ovunque questo fenomeno del GPG, e non tutti infatti concordano sulla sua esistenza.
Nel 2024 dobbiamo iniziare a porci qualche domanda in più se “la vita è diventata quasi tutta ardua da vivere”, siamo sempre più affamati di lavoro e ricerca, nulla ci appare mai abbastanza, seppur siamo in grado di creare grandi cose, eppure ancora di generare buchi di superficialità e solchi nell’acqua.
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Bibliografia consigliata:
- Fabrizio Acanfora “Di pari passo. Il lavoro oltre l’idea di inclusione”, Luiss University Press, (luglio 2022)
- Andrea Laudadio “Nessuno escluso. La forza della diversità per risolvere problemi complessi nella vita e sul lavoro”, Giunti Psychometrics, (Luglio 2022)
- Stefano Basaglia, Simona Cuomo, Zenia Simonella “L’organizzazione inclusiva Pari opportunità e diversity management”, Egea (ottobre 2022)