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Il lavoro rende felici?
Ecco perché potresti aver sbagliato tutto
di RisorseUmane-HR.it
Quante volte abbiamo sentito frasi come “scegli un lavoro che ami e non lavorerai mai un giorno della tua vita”? Probabilmente troppe. Ormai sembra quasi che la felicità sul lavoro sia diventata un dogma, un obiettivo ineludibile che aziende e dipendenti inseguono con zelo — spesso senza mai raggiungerlo davvero. Negli ultimi anni, complice anche l’ossessione contemporanea per il benessere aziendale, il tema è entrato prepotentemente nei piani strategici e nei manuali di management.
Siamo però sicuri che il lavoro debba necessariamente renderci felici? O è una di quelle convinzioni che ci siamo autoimposti, alimentate da corsi motivazionali, programmi di welfare e slogan aziendali da break-room? La domanda non è banale e, anzi, inizia a emergere con forza anche tra studiosi e osservatori più autorevoli.
Il World Happiness Report 2025, frutto delle analisi di Gallup e del Wellbeing Research Centre di Oxford, ma anche il pensiero di filosofi come Umberto Galimberti e sociologi contemporanei, sembrano suggerire che forse stiamo affrontando la questione in modo semplicistico, o peggio, distorto. Il rischio? Confondere la “felicità organizzativa” con una sorta di strategia cosmetica, fatta di gadget aziendali, webinar sulla positività e piante da ufficio.
In questo articolo cercheremo di andare oltre i luoghi comuni e porre domande scomode: il lavoro può davvero essere una fonte stabile di felicità? E se sì, come? E soprattutto: è possibile costruire benessere reale e non solo apparente per i dipendenti, evitando l’effetto collaterale della cosiddetta “positività tossica”?
Ne parliamo con dati, riflessioni e qualche provocazione.
Il mito della felicità al lavoro
Il concetto che il lavoro debba essere fonte assoluta di felicità può risultare fuorviante. Il recente World Happiness Report 2025 evidenzia infatti come molte organizzazioni confondano felicità e soddisfazione lavorativa, cercando di creare “momenti felici” che risultano superficiali e temporanei. Secondo il filosofo contemporaneo Umberto Galimberti, la felicità lavorativa autentica si realizza quando il lavoro è percepito come un’occasione di realizzazione personale e non un semplice obbligo quotidiano (Dialogo sul lavoro e la felicità, Galimberti & Iacci).
Cosa rende davvero felici i dipendenti?
Secondo il World Happiness Report 2025, esistono alcuni fattori chiave che contribuiscono concretamente al benessere reale dei dipendenti:
- Cultura aziendale basata su fiducia e benevolenza: un ambiente lavorativo positivo si basa sulla fiducia reciproca, generando un senso di sicurezza e benessere.
- Promozione di comportamenti prosociali e altruistici: il benessere aumenta significativamente quando i dipendenti si sentono parte di una comunità che promuove l’aiuto reciproco.
- Costruzione di relazioni solide e durature: le relazioni autentiche sono un pilastro fondamentale per la felicità personale e professionale.
- Empatia e gestione efficace delle esperienze negative: La capacità di ascoltare e gestire con empatia le difficoltà dei dipendenti è cruciale per un clima sano e sostenibile.
A livello pratico le organizzazioni possono:
- Investire in attività di team-building significative
- Creare programmi di mentorship per relazioni autentiche
- Offrire riconoscimenti frequenti per valorizzare il lavoro
- Garantire una comunicazione trasparente e coerente
Un approccio efficace è quello di puntare su modelli di organizzazioni potenziate, in cui le persone vengono messe realmente nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale e di contribuire al successo collettivo. (Organizzazioni Potenziate: come il potenziamento dei dipendenti porta al successo collettivo).
Attenzione però a non cadere nella trappola, sempre più diffusa, della positività tossica, dove si impone la felicità senza affrontare i reali problemi. (Toxic Positivity: quando la felicità aziendale diventa un obbligo).
Infelicità al Lavoro: un problema già evidente da anni
Secondo Gallup (World Unhappiest Workers), nel 2022 il 60% dei lavoratori era emotivamente distaccato dal lavoro e il 19% si definiva apertamente infelice (Gandolfo, nostra intervista video, 2022). Questi dati avevano già reso evidente l’importanza di affrontare seriamente il tema del benessere organizzativo.
Le ricerche aggiornate al 2025 confermano ulteriormente queste preoccupazioni: in Italia, solo il 43% dei dipendenti considera la propria organizzazione un ottimo luogo di lavoro, posizionando il paese all’ultimo posto in Europa. Inoltre, il 73% dei lavoratori italiani vive situazioni di stress o ansia legate al lavoro, con il 36,7% che ricorre a supporto psicologico (Il Sole 24 Ore, 2025; Rapporto Censis-Eudaimon, 2025).
La sottile ironia del benessere imposto
C’è una certa ironia nelle aziende che cercano di “imporre” la felicità con programmi obbligatori e sorrisi forzati. Questo approccio superficiale viene ben evidenziato anche nel video “La felicità al lavoro” che sottolinea come iniziative aziendali volte a creare felicità artificiale siano inefficaci, generando stress anziché benessere reale.
Sara Bonomi, co-autrice del libro La felicità è una scienza (Franco Angeli, 2022), chiarisce che la felicità autentica sul lavoro non consiste nell’eliminare le emozioni negative, ma nel saperle integrare consapevolmente nella propria vita professionale (Bonomi, intervista video, 2022).
Principali cause dell’infelicità lavorativa oggi
L’infelicità sul lavoro deriva da una combinazione di fattori strutturali e culturali profondi. Tra le cause principali spiccano la precarietà occupazionale, che genera insicurezza e ansia nei lavoratori; il carico eccessivo di lavoro, spesso accompagnato da obiettivi irrealistici, che aumenta significativamente stress e burnout; e infine, la mancanza di equilibrio tra vita professionale e privata, che impedisce un reale benessere emotivo e relazionale dei dipendenti (Rapporto Censis-Eudaimon, 2025).
Confronto internazionale: il modello dei Paesi nordici
Mentre l’Italia si colloca all’ultimo posto in Europa con solo il 43% dei dipendenti soddisfatti, paesi come Danimarca (75%), Norvegia (73%) e Svezia (68%) emergono come esempi virtuosi di soddisfazione lavorativa, mostrando come sia possibile raggiungere elevati livelli di benessere sul lavoro attraverso politiche aziendali attente alle esigenze delle persone (European Workforce Study 2025).
Il capitale sociale come risorsa chiave
Le aziende devono comprendere che il capitale relazionale e sociale è tanto importante quanto quello economico. Come sottolineano Rosanna Gallo e Jessica Gandolfo, promuovere il benessere aziendale richiede semplici ma efficaci strategie pratiche, come aree break salutari, attività fisiche organizzate, e formazione su intelligenza emotiva e gentilezza (Gallo e Gandolfo, intervista video, 2022).
Il lavoro non dovrebbe renderci infelici
Tutte le organizzazioni oggi devono riflettere seriamente su come affrontano il tema della felicità sul lavoro. È fondamentale evitare l’errore di perseguire un benessere apparente e superficiale. Al contrario, è necessario concentrarsi su azioni autentiche che considerino davvero i bisogni emotivi e relazionali dei dipendenti.
Il lavoro non deve necessariamente renderci felici, ma certamente non dovrebbe renderci infelici. È questo equilibrio che può fare la differenza nella costruzione di un ambiente lavorativo sano, sostenibile e davvero appagante.
Invitiamo HR manager, CEO e imprenditori a condurre un’autovalutazione sincera della propria azienda. Quali strategie state mettendo in atto per promuovere un autentico benessere lavorativo? Prendete in considerazione almeno un’azione concreta suggerita in questo articolo e implementatela nei prossimi 30 giorni. Il cambiamento parte da una piccola ma decisiva azione pratica.
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- World Happiness Report 2025
- U. Galimberti, P. Iacci Dialogo sul lavoro e la felicità, Egea, 2021
- Intervista a Rosanna Gallo, Jessica Gandolfo e Sara Bonomi – YouTube
- Ricerca benessere lavorativo 2022 – Gallup
- I lavoratori italiani i più insoddisfatti in Europa e in crisi di produttività – Il Sole 24 ore
- Rapporto Censis-Eudaimon 2025
- European Workforce Study 2025
Risorse aggiuntive
Libri consigliati
- Ugo Cornia, Sulla felicità a oltranza, La Nave di Teseo, 2021.
- Sara Bonomi, Rosanna Gallo, Jessica Gandolfo, La felicità è una scienza, Franco Angeli, 2022.
- Epicuro, Lettera sulla felicità, traduzione e commento a cura di Angelo Pellegrino, Einaudi, 2014.
- Vanessa Ruffini, Felicità al lavoro. Dal benessere alla produttività con il chief happiness officer, Il Sole 24 ore, 2022
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Il lavoro rende felici? Scopri perché potresti aver sbagliato tutto finora
L’articolo analizza la convinzione diffusa che il lavoro debba necessariamente renderci felici, evidenziando come questo ideale possa essere fuorviante. Basandosi sul World Happiness Report 2025 e sul pensiero di filosofi ed esperti come Umberto Galimberti, l’articolo distingue tra felicità autentica e soddisfazione lavorativa superficiale. Tra i fattori chiave per un benessere reale sul lavoro, vengono indicati una cultura aziendale basata sulla fiducia, comportamenti prosociali, relazioni solide ed empatia nella gestione delle difficoltà. Inoltre, vengono criticati gli approcci aziendali che impongono una felicità artificiale, definita come “positività tossica”. L’articolo cita dati recenti che mostrano l’alto grado di infelicità lavorativa in Italia, confrontandolo con modelli positivi come quelli dei Paesi nordici, e conclude con una call-to-action rivolta agli HR manager e ai dirigenti, invitandoli a promuovere iniziative autentiche per il benessere dei dipendenti.
Dopo aver letto l’articolo, prova a rispondere a queste domande:
- Qual è la differenza tra felicità lavorativa autentica e soddisfazione superficiale? La felicità autentica deriva da una reale realizzazione personale sul lavoro, mentre la soddisfazione superficiale è temporanea e imposta artificialmente dalle aziende.
- Quali sono i principali fattori che, secondo il World Happiness Report 2025, favoriscono il benessere dei dipendenti? Cultura aziendale basata su fiducia e benevolenza, comportamenti prosociali, relazioni solide ed empatia nella gestione delle difficoltà.
- Qual è la situazione dei lavoratori italiani in base ai dati del 2025? Solo il 43% considera l’organizzazione in cui lavora come ottima, il 73% vive stress e ansia, e il 36,7% ricorre a supporto psicologico.
- Cosa si intende per “positività tossica” in ambito aziendale? È un approccio in cui la felicità viene imposta artificialmente, ignorando o minimizzando i problemi reali e generando stress.
- Quali strategie pratiche possono adottare le aziende per migliorare il benessere lavorativo? Attività di team-building significative, programmi di mentorship, riconoscimenti frequenti e comunicazione trasparente.
Glossario
- Benessere organizzativo: condizione in cui i lavoratori percepiscono il proprio ambiente di lavoro come positivo, sicuro e gratificante.
- Empatia: capacità di comprendere e condividere le emozioni e i sentimenti altrui, cruciale per gestire situazioni di stress lavorativo.
- Positività tossica: comportamento organizzativo che impone una felicità apparente e superficiale, ignorando i problemi reali.
- Team-building: insieme di attività mirate a rafforzare la collaborazione, la comunicazione e le relazioni tra i membri di un gruppo di lavoro.
- Mentorship: programma attraverso cui persone esperte (mentor) offrono guida e supporto professionale a colleghi meno esperti.
- Capitale sociale: insieme delle relazioni interpersonali e dei valori condivisi che facilitano la cooperazione e il successo aziendale.
- World Happiness Report: rapporto annuale che valuta i livelli globali di felicità e benessere, fornendo indicatori e raccomandazioni per migliorare la qualità della vita.