Il Mestiere di essere o di fare il Capo?
Questa domanda ha guidato il progetto che abbiamo costruito per le nostre persone che ricoprono ruoli manageriali perché riteniamo che Fare il Capo sia un vero e proprio Mestiere, che si può potenziare. In questa prospettiva è utile sperimentarsi – nel continuo – nell’esercizio delle proprie capacità manageriali anche per far evolvere il proprio ruolo.
Si tratta, quindi, non solo di un percorso di formazione, ma anche – e soprattutto – di sviluppo manageriale che, partendo dalla centratura sulle persone e sulle loro esperienze, ci ha consentito di incidere sull’azione manageriale dei nostri Capi anche attraverso un’auto-riflessione combinata a riflessioni condivise con chi vive lo stesso contesto.
Fornire supporto, indicazioni e strumenti per agevolare l’azione dei nostri Capi è diventata la direzione verso la quale ci siamo orientati utilizzando la metafora che interpreta i Capi come le bussole dei propri collaboratori.
Da dove siamo partiti?
Sempre dal porci delle domande, che rappresentano l’essenza stessa del percorso intrapreso. E le domande che hanno guidato le nostre riflessioni sono queste:
- I nostri Capi sono in grado di valutare le prestazioni dei propri collaboratori?
- I nostri Capi sanno sviluppare le competenze delle proprie risorse?
Dalle molteplici e differenti risposte abbiamo elaborato i fabbisogni formativi, che hanno poi suggerito i contenuti sui quali è stato orientato il nostro percorso.
Abbiamo disegnato con gli stessi attori la bussola del ruolo di Capo, individuando le competenze chiave per ciascuno di loro perché riteniamo che ciascuno – attraverso la propria esperienza – sia un testimone unico del proprio Essere Capo, quindi le competenze diventano dinamiche in funzione della propria identità non solo professionale, ma anche personale.
La bussola del Capo
Una bussola dinamica, quindi, costruita da elementi non solo gestionali, ma anche organizzativi, relazionali ed intrisi di comunicazione generativa: tutte componenti che rispecchiano quei valori che ciascuno di noi conserva. In questo modello le competenze sono, quindi, abbinate agli aspetti valoriali che rappresentano la nostra cultura aziendale: siamo convinti, infatti, che le competenze assumono significato solo se vengono contestualizzate nella specifica realtà organizzativa. Il profilo manageriale del Capo si deve poi combinare con tutti i profili posseduti dal proprio team – portatore di altre competenze – orientando tutte le componenti verso obiettivi condivisi e proiettando le singole professionalità verso una dimensione di reciproca contaminazione.
Quindi, il Capo non come “il depositario del sapere delle persone”, ma come “l’alimentatore del saper fare e del saper essere dei propri collaboratori” perché come celebra Elliott Jaques: “Il capo dipende dai suoi dipendenti”.
I punti cardinali della bussola
Attraverso questo percorso, la bussola del Capo ha identificato i suoi 4 punti cardinali:
- Guidare, partendo dall’analisi della propria prestazione manageriale e mettendola anche in discussione per incrementare l’efficacia dei comportamenti adottati. Spesso si diventa Capi prima di possedere le competenze necessarie, ma sappiamo che quello del Capo è anche un Mestiere che si apprende sul campo, con grande investimento di energie ed anche attraverso qualche errore: importante è saper accettare i propri errori ed anche quelli dei propri collaboratori, rileggendoli in un’ottica di miglioramento continuo perché anche le cadute ed i momenti di difficoltà contribuiscono a formare l’Essere Capo.
- Scoprire o ri-scoprire l’uso potente del feedback che diventa un impegno manageriale costante, perché offre la possibilità di crescere ed apprendere insieme attraverso l’interconnessione di esperienze: mai rinunciare al confronto, perdendo così l’opportunità di restituire la propria presenza.
- Riconoscere, celebrando i progressi da intendersi come forte rinforzo motivazionale per i propri collaboratori perchè incoraggia ulteriori sviluppi.
- Valorizzare, sostenendo ed incoraggiando lo sviluppo delle competenze dei propri collaboratori, perché rappresenta un presidio manageriale fondamentale: è importante coinvolgere il proprio team in un percorso di crescita e farsi guida nel percorrerlo, con un approccio valorizzante. E’ attraverso l’esempio che si sollecitano queste intenzioni: sentirsi responsabile – quando si è un Capo – significa anche e soprattutto agire la propria responsabilità verso lo sviluppo delle proprie persone.
Orientandosi in queste 4 direzioni l’ago calamitato al centro della bussola rimane libero di ruotare ed è liberamente che definisce il suo posizionamento: una delle responsabilità più delicate ed articolate dell’Essere Capo è quella di “gestire la fiducia” dei propri collaboratori, che passa prima dall’acquisirla per poi affermare la necessità di essere mantenuta. Questo è Essere Capo e non solo … Fare il Capo.
E come rievoca il filosofo John Kaag: “La nostra identità non è mai statica, ma in continua evoluzione” e, quindi, anche l’Essere Capo è un’evoluzione continua perché non si nasce Capi, infatti le competenze – per definizione – si allenano e si applicano esercitando il Mestiere del Capo.
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Risorse aggiuntive
Libri consigliati:
- Angela Gallo “Il mestiere del capo. Dote innata o learning agility?“, Franco Angeli, 2019
- A. Gallo M. Di Feo, “Parlami, capo. Il colloquio nella gestione dei collaboratori: logiche, strumenti, metodi e tecniche di conduzione”, Franco Angeli, 2022
- Patrick Lencioni, “
- P. Bruttini, M. Lugli “Nudge solutions program. Cambiamento gentile e strumenti per la leadership aperta”, GueriniNext, 2022
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