Digital skills e capitale umano- Italia tra i peggiori in UE

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Digital skills e capitale umano: Italia tra i peggiori in UE

di Eleonora Carlucci

Il 2020 ha posto l’Italia dinanzi alla sfida più ardua: una digitalizzazione rapida e ben strutturata.

Come ogni anno, dal 2014 in poi, la Commissione Europea a giugno 2020 ha pubblicato la relazione sul Digital Economy and Society Index (DESI) o indice di digitalizzazione dell’economia e della società, che evidenzia un generale andamento in crescita di tutti gli Stati membri in materia di innovazione digitale. 

Cos’è il Digital Economy and Society Index?

Il DESI rappresenta lo strumento attraverso il quale la Commissione monitora l’avanzamento e le prestazioni digitali dell’EU e dei singoli Stati membri. Esso misura cinque aspetti strategici legati al digitale: il livello di connettività, la diffusione di competenze digitali, l’uso di Internet da parte dei cittadini, l’integrazione delle tecnologie digitali nelle imprese e l’adozione di servizi pubblici digitali.

Tale indice composito, elaborato dalla Commissione Europea, aggrega una serie di indicatori strutturati intorno a cinque dimensioni:

  • Connettività, ossia una dimensione che misura la diffusione dell’infrastruttura a banda larga e la sua qualità;
  • Capitale umano, la quale misura le competenze necessarie per sfruttare le possibilità offerte dal digitale;
  • Uso di internet, rappresenta una varietà di attività online, come il consumo di videochiamate online (video, musica, giochi, ecc.), nonché acquisti e servizi bancari online;
  • Integrazione delle tecnologie digitali, che invece quantifica la digitalizzazione delle imprese e il commercio elettronico. Adottando le tecnologie digitali, le aziende possono migliorare l’efficienza, ridurre i costi e coinvolgere meglio clienti e partner commerciali;
  • Servizi pubblici digitali, misura la digitalizzazione dei servizi pubblici. La modernizzazione e la digitalizzazione dei servizi pubblici possono portare a incrementi di rendimento per la pubblica amministrazione, i cittadini e le imprese. 

DESI 2020: i primi della classe

Osservando lo scenario europeo emerge che Finlandia, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi (leader anche a livello mondiale), sono i Paesi con le migliori performance digitali, seguiti da Malta, Irlanda ed Estonia. 

DESI Index 2020: lo stato di salute dell’Italia 

L’Italia, purtroppo per l’edizione Desi 2020, scivola in classifica arretrando dalla 24esima posizione alla 25esima fra i 28 Stati membri dell’UE. Inoltre, seguita solo da Romania, Grecia e Bulgaria, è tra i Paesi più arretrati della Comunità europea.    

Figura 1- Digital Economy and Society Index Italy (DESI) 2020

Dai dati emersi appare evidente come l’Italia sia il Terzo Paese UE sul fronte della Connettività, ma rimane preoccupante il grave ritardo descritto dall’indicatore “Capitale umano”, secondo cui, in Italia i livelli di competenze digitali di base e avanzate sono “molto bassi”, a ciò si aggiunge un numero esiguo di specialisti e laureati nel settore ICT, “molto al di sotto della media UE”.

La carenza di competenze digitali costituisce un vero e proprio ostacolo per lo sviluppo del Paese. Un primato da non sottovalutare, soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti storici che hanno segnato il 2020. 

Cosa sono le Competenze Digitali?  

L’espressione Competenze digitali o digital skills, nasce dalla combinazione del sostantivo “competenza” ossia la capacità degli individui di combinare, in modo autonomo e in un contesto particolare, i diversi elementi delle conoscenze e delle abilità che possiedono; e dal sostantivo “digitale” termine derivante da latino “digit”, che con l’arrivo dell’elettronica di consumo, ha assunto il significato di “digitare” ossia “premere con le dita i tasti di un apparecchio elettronico”. 

Le competenze digitali, dunque, non sono altro che la capacità di utilizzare con dimestichezza le tecnologie dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione.             

Il nostro livello di digital skills è sicuramente cresciuto rispetto al 2019, poiché il lockdown ha spinto gli italiani ad utilizzare piattaforme tecnologiche per mantenere il contatto con la realtà.                           

La tecnologia ha permesso a tutti di continuare a svolgere il proprio lavoro, studiare, relazionarsi con gli altri o fare acquisti online. Ciò significa che le competenze digitali di base, ad oggi, costituiscono un requisito essenziale.                                                 Certo è che sarà necessario attendere il rapporto DESI 2021 per misurare la reattività italiana al lockdown e valutare l’impatto delle scelte messe in atto dal Governo. 

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HR e Digital Innovation: investire su interventi formativi mirati

La pervasività della trasformazione digitale sta spingendo le organizzazioni aziendali a dotarsi di digital skills, ritenute fondamentali per supportare le organizzazioni nella gestione del cambiamento e rimanere competitive su un mercato del lavoro sempre più innovativo.

Quello che è emerso dallo scenario post-pandemico è che le imprese hanno richiesto le competenze digitali non solo per gestire sistemi e processi ma soprattutto per la comunicazione, la produzione, l’amministrazione e la gestione del personale. 

In questa prospettiva è fondamentale ragionare in un’ottica di formazione con l’obiettivo di realizzare un upgrade delle competenze digitali di base per i lavoratori di ogni settore e, magari, puntare all’assunzione di giovani nativi digitali, già geneticamente preparati e capaci a trattare questa materia. 

Quindi, quei gap di competenze digitali possono essere colmati mediante un potenziamento dei corsi di formazione al fine di ampliare le digital hard skill e le digital soft skill delle risorse umane: 

  • Le prime si riferiscono al saper usare programmi e pacchetti informatici; 
  • Le seconde sono competenze di tipo relazionale-comportamentale che consentono alle persone di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali, ma riguardano anche le capacità di problem solving e di risoluzione dei problemi tecnici connesse al modo di interagire.

In sostanza, per diventare un Paese altamente digitalizzato, l’Italia manca di una strategia aziendale e digitale omogenea su tutto il territorio nazionale, la cosiddetta “People Strategy“, che ponga al centro le persone ed il loro capitale umano. Tale strategia è volta al miglioramento del benessere delle risorse umane, attraverso la valorizzazione delle competenze. 

Infine in un contesto di digital trasformation definire la “People Strategy” significa proprio trasformare le competenze ed i modelli organizzativi in chiave digitale.

Bibliografia correlata:

Sitografia:

  • https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/digital-economy-and-society-index-desi 
  • https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/scoreboard/italy 
  • https://blog.osservatori.net/it_it/people-strategy-hr 

 

Questo articolo è offerto da:

Eleonora Carlucci
HR Junior | Sociologa Specialista in Risorse Umane
Sono una giovane Sociologa specializzata in Lavoro, Gestione Risorse Umane, Organizzazione e Analisi del mercato del lavoro. Il mio percorso accademico in Scienze Sociali mi ha avvicinato sempre di più al mondo delle Risorse Umane. La formazione sociologica mi ha permesso di avere un'ampia visione dei fenomeni sociali e culturali, soprattutto in un mondo in costante evoluzione. Attualmente frequento un Master di Alta formazione Manageriale in “Gestione, Sviluppo ed Amministrazione delle Risorse Umane”.

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