L’efficacia del Digital Reverse Mentoring ai tempi del covid 19
Mesi difficili quelli che stiamo affrontando, ci siamo ritrovati in uno scenario in cui regna l’ingenerosa incertezza per il futuro e l’improvviso mutamento di quelli che consideravamo molti punti stabili.
Scelta dell’app più efficace è diventata la parola d’ordine; Videoconferenze e smart-working una necessità, e-commerce unica via, Delivery un’ opportunità.
Mai come in questo frangente, lo scambio intergenerazionale d’informazioni risulta vitale per superare numerose piccole o grandi difficoltà.
Ragazzini nati stringendo al petto uno smartphone a mò di sonaglio, che consigliano a nonni della generazione baby boom la migliore app per videoconferenze, mentre imparano a far di conto .
Giovani aiutanti in piccole attività di quartiere, che suggeriscono di organizzare un semplice ma strategico programma di e-commerce e delivery, a costo quasi zero, sradicando radicate e vetuste strategie di business.
E’ il Reverse mentoring
Se ne cominciò a parlare nel 1999, quando Jack Welch, leggendario ex Ceo di General Electric , scomparso un mese fa, chiese ai suoi 500 top manager, d’individuare tutti i giovani neo assunti, in grado di utilizzare internet.
L’obiettivo ambizioso di Welch era quello di far conoscere uno strumento, ancora in stato embrionale per molti aspetti, ma che iniziava ad imporsi con prepotenza e rapidità sul mercato, svelando tutte le sue enormi potenzialità.
Welch desiderava che l’utilizzo di internet diventasse fruibile e familiare al maggior numero possibile dei dipendenti della General Electric. Il rapporto tra mentore e discente s’inverte.
I giovani impiegati salgono in cattedra e trasferiscono ai navigati manager conoscenze digitali, ma non solo, essi infatti trasmettono rapidità nell’adattarsi al cambiamento, capacità di guardare al futuro e l’intuito nel fiutare mode e tendenze di mercato; i dati ci dicono infatti, che con l’aumentare dell’età, se l’esperienza cresce, lo spirito d’iniziativa, la capacità d’innovarsi e guardare al futuro tende a ridursi.
Dal loro canto, i neoassunti apprendono dai veterani d’azienda, dinamiche, strategie e regole pratiche del business. Il gap generazionale viene moderato, con risparmi di tempo e costi; la frattura tra generazione x, baby boom e millennials viene annullata.
Il Reverse mentoring è attuato regolarmente da molte aziende, con tecniche e programmi strutturati, che favoriscono costantemente lo scambio di conoscenze.
Lo scoglio più grande da superare nell’avviare e strutturare programmi di Reverse mentoring, sia per la bottega che per la grande azienda è sempre lo stesso, ed è di natura mentale;
Sia per un CEO che per l’anziano proprietario di una bottega, l’ostacolo più insidioso è credere che un nativo digitale neo assunto non abbia nulla da insegnare, o viceversa un boomer non possa o non debba apprendere più nulla.
Comportarsi come catenacci chiusi logorati dall’ossidazione, si rivela in ogni momento sempre la scelta errata, mentre accogliere lo spirito d’iniziativa altrui, fiutare con rapidità il cambiamento, mostrare umiltà, sempre la scelta vincente.
Bibliografia consigliata:
- Jack Welch “Vincere sul campo” Rizzoli editore
-
Gianbattista Rosa “Active Ageing in azienda. Trasformare i lavoratori senior da problema a opportunità” Franco Angeli editore
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