La valutazione delle competenze
Competenza personale e competenze distintive
Il concetto di competenza, di per sé discusso e difficilmente definibile con precisione, è ora molto utilizzato, sia nel mondo della formazione che in quello della gestione delle risorse umane. In questa riflessione porremo l’attenzione soprattutto sul secondo ambito.
Proviamo innanzitutto a proporre qualche definizione della parola competenza:
“Un sistema di conoscenze, concettuali e procedurali, organizzate in schemi operativi e che permettono, all’interno di un gruppo di situazioni, l’identificazione di un compito e la sua risoluzione attraverso un’azione efficace” (P.Gillet, 1991);
“un insieme, riconosciuto e provato, delle rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato”. (G.Le Boterf, 1994).
Galliani (2011) vede la competenza come impiego di “abiti” (“insieme di schemi che permettono di adattare un’infinità di pratiche a situazioni sempre rinnovate”, Bourdieu (1972) capaci di mobilitare pratiche e risorse per gestire situazioni professionali che soddisfino criteri specifici di prestazione.
Come si vede, il concetto di competenza si muove su più piani e abbraccia ambiti diversi: in generale, e semplificando molto, si può dire che una competenza nel campo lavorativo è la capacità di compiere un’attività correttamente, mettendo in atto un gruppo di abilità, impegno e conoscenze in una situazione determinata.
Gli ultimi trenta o quaranta anni hanno visto alcuni importanti cambiamenti in questa concezione: se un’organizzazione del lavoro di tipo tayloristico intende per competenza soprattutto il “saper fare in situazione”, perché il lavoratore deve applicare delle consegne prescrittive, sempre più la competenza è da intendere oggi come “saper agire in situazione”, perché il lavoratore si trova spesso nella condizione di dover prendere iniziative e correre dei rischi, senza avere tutte le informazioni necessarie (Guy Le Boterf, 2002).
Il lavoratore deve quindi possedere e sapersi servire correttamente degli strumenti necessari, come conoscenze e abilità, ma deve anche saperli organizzare.
Ne consegue che la competenza è strettamente connessa alla singola persona che la possiede e la mette in atto: tuttavia, essa deve essere correlata al contesto.
Per concludere il proprio compito, ovvero mettere in atto la propria competenza, il lavoratore dovrà avvalersi del contesto in cui opera, degli strumenti tecnici e operativi che fanno parte del suo ambiente lavorativo, delle competenze di altri colleghi.
Il professionista diventa figura chiave dell’innovazione, gli viene attribuita un’etica, un’autonomia e una responsabilità nel percorso di professionalizzazione che lo riguarda.
E’ naturale che un’azienda debba identificare e tenere sotto controllo le competenze del personale che vi lavora, specie in relazione all’individuazione della core competency su cui torneremo più avanti.
D’altra parte, il possesso di una competenza non risulta facilmente rilevabile in modo diretto, ma bisogna creare una base di informazioni utile a rilevarne la presenza attraverso una serie di condizioni o prestazioni, perché una singola manifestazione di essa non può essere sufficiente.
Negli anni Novanta del secolo scorso comincia a svilupparsi prima in Canada e poi in Francia la pratica del bilancio delle competenze che rapidamente si diffonde in Europa, Italia inclusa.
Tale metodologia prevede un insieme di analisi dell’esperienza socio-professionale individuale volte ad evidenziare le competenze personali e lo specifico contesto di azione di ciascun lavoratore.
Questa pratica può essere messa in atto tramite un consulente esterno che, attraverso test o altri strumenti, produce una descrizione delle capacità e potenzialità del lavoratore, oppure il consulente può aiutare il lavoratore a riflettere sulle proprie motivazioni ed esperienze di lavoro.
In ogni caso, questo strumento da una parte mette il lavoratore in condizione di comprendere con ragionevole precisione le proprie capacità, competenze e aspirazioni professionali, dall’altra permette all’azienda di pianificare percorsi di carriera, eventuali ristrutturazioni aziendali e, più in generale, di mettere a punto la definizione della propria core competency.
La rapida evoluzione del mondo in cui viviamo non consente di rimanere leader di mercato a lungo, se non si ripensa l’azienda in termini di core competencies.
C.K.Prahalad e G.Hamel posero le basi di questa nuova visione della strategia aziendale (The Core Competence of the Corporation, 1990), affermando che le core competencies sono le competenze, le caratteristiche e le risorse che distinguono un’azienda dalla concorrenza.
Esse sono il motore dell’innovazione, costituiscono le “radici”del vantaggio competitivo e devono tradursi in prodotti core: questi diventano a loro volta i componenti di più prodotti finali, potendo così essere utilizzati in settori diversi e liberando la società produttrice dal rischio di legarsi a un particolare settore o a un particolare mercato.
Tra l’altro, lo stesso prodotto core può diventare un componente di base di prodotti concorrenti, entrando in competizione sul mercato anche attraverso altri brand.
L’incremento di applicazioni per i prodotti core consente riduzione dei costi, dei tempi e dei rischi connessi alla ricerca e sviluppo, creando considerevoli economie di scala.
Esempi di questi prodotti core possono essere i motori delle stampanti laser per la Canon, gli adesivi e i supporti per la 3M, i semiconduttori per la NEC.
Per chiarire meglio, ogni prodotto Canon ha al suo interno almeno un prodotto core, il che dà un significativo contributo alla qualità percepita dal cliente.
Inoltre, poiché una strategia di lungo termine richiede una costante innovazione, le core competencies possono determinare per l’azienda una posizione di mercato tale da permetterle di influenzare il tipo di prodotti che saranno disponibili in futuro.
Da ciascun prodotto core può scaturire una differente unità di business, che può anche operare in mercati diversi dalle altre.
Ad esempio, Canon grazie alle competenze nel campo delle componenti ottiche può essere presente nel mercato delle stampanti, delle fotocopiatrici, degli scanner e delle videocamere, con differenti prodotti finali che incorporano i medesimi prodotti core.
L’outsourcing, in tale tipo di organizzazione strategica, va utilizzato solo dove non vi siano core competencies: se l’azienda ritiene importante rimanere presente anche in settori non strategici, deve stabilire alleanze e accordi per l’acquisto di licenze piuttosto che spendere risorse meglio utilizzabili nei settori core.
Riassumendo, il successo di lungo termine per un’azienda richiede organizzazione strutturata delle proprie competenze, innovazione e coerenza con il mercato, creazione di innovativi prodotti core, che, integrati in svariati prodotti finali, creino nuovi spazi di mercato.
La concentrazione e l’innovazione nei prodotti core rendono più difficile ai competitor imitarli dando all’azienda un vantaggio competitivo nei confronti dell’utente finale, che si abitua a riconoscerne la qualità e il valore e in qualche modo si “fidelizza” al marchio dell’azienda.
L’importanza dell’analisi delle competenze a livello personale del lavoratore, del gruppo e dell’intera organizzazione rende necessario disporre di strumenti idonei per il monitoraggio delle competenze di cui i lavoratori sono in possesso, attraverso prodotti software per le risorse umane che permettano di identificarle, archiviarle, analizzarle, selezionarle facilmente, in modo da poter effettuare valutazioni fondate sulle opportunità esistenti e intervenire su punti di forza e di debolezza individuabili nell’organizzazione.
Strumenti di questo tipo, come ad esempio hr-assistant, consentono di definire le competenze necessarie per i dipendenti che lavorano nello stesso team o che svolgono la stessa tipologia di attività.
L’HR manager può effettuare, ad esempio, la ricerca delle competenze presenti in azienda, per poi procedere alla valutazione del grado di possesso individuale; a sua volta il dipendente può effettuare un’auto-valutazione delle competenze richieste dal suo ruolo.
Attraverso una rappresentazione grafica fornita dal sistema si può immediatamente paragonare la valutazione data dal supervisore con quella che il dipendente si è attribuita, con la conseguenza di stimolare un confronto costruttivo capo-collaboratore al fine di approdare ad una valutazione condivisa.
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