La Candidate Experience
Il Recruiting come strumento di branding
I candidati come “ambasciatori” del brand: come utilizzare il processo di Selezione in ottica di brand awareness e marketing
di Fabio Catena, Responsabile Training di MELIUSform Business School
Da qualche anno, i recruiter convengono sull’utilità di offrire ai candidati, nell’ambito degli iter selettivi, la miglior esperienza possibile. Perché?
Sicuramente ci sono ragioni etiche e di professionalità, ed il desiderio di fare bene il proprio lavoro rispettando le persone con le quali si viene in contatto. C’è però un’altra ragione, più orientata al business aziendale: negli ultimi anni, infatti, casi “illustri” hanno mostrato come una gestione efficace della Candidate Experience abbia avuto un impatto diretto, più che significativo, sui risultati dell’azienda stessa, in termini di fatturato.
Sì, proprio in termini di fatturato! L’esempio più significativo, probabilmente, è quello della multinazionale Virgin, attiva in numerosi settori (tra cui la compagnia aerea e la fitta rete di palestre in tutto il mondo). Pochi anni fa, l’azienda ha perso un numero importante di clienti ed un fatturato di diversi milioni di euro, a causa di una bassa soddisfazione relativa alla Candidate Experience!
Proprio così: il 18% dei candidati inseriti nei diversi iter selettivi erano clienti Virgin. In seguito ad una poco soddisfacente esperienza, vissuta proprio nell’iter selettivo, circa 7500 persone all’anno hanno cancellato i loro abbonamenti ai servizi Virgin, causando al fatturato dell’azienda una perdita di circa cinque milioni di euro annui!
Questo caso non è isolato; in effetti, è facile immaginare come le attività di recruiting rappresentino un’occasione, per i “valutati”, di essere loro stessi “valutatori”. Durante tutti gli step del percorso, infatti, i candidati hanno modo di farsi un’idea dell’azienda, della sua mission e vision, della professionalità degli interlocutori, degli strumenti utilizzati, dell’attenzione (o disattenzione!) con cui vengono gestiti i diversi momenti dell’iter.
Non va sottovalutata, inoltre, la componente emotiva! Prendere parte ad un processo di selezione come candidato è qualcosa che mette in gioco delle aspettative (talvolta anche importanti, nelle candidature molto centrate e motivate nei confronti di quella specifica azienda/realtà); mette in gioco il “sentirsi valutati” da un estraneo, con tutto ciò che questo comporta (ansia, autostima, eccetera).
Insomma, una persona che si trova all’interno di un iter selettivo è una “spugna”; assorbirà l’idea che si fa dell’azienda e le emozioni che vivrà nei diversi momenti dell’iter. Una volta concluso il percorso, “restituirà all’esterno” tutto ciò che ha assorbito.
Possiamo dunque riassumere così: i candidati esclusi da un iter selettivo possono diventare i peggiori detrattori di un’azienda, oppure gli ambasciatori della stessa, e magari clienti!
Ne consegue che il rapporto con questi candidati, che peraltro sono il 99% dei partecipanti alle selezioni, va curato con la stessa attenzione riservata a chi “prosegue la corsa”!
Se questo era già emerso come aspetto importante negli ultimi anni, oggi, per chi si occupa di recruiting, è ancor più strategicamente necessario prepararsi a gestire al meglio la Candidate Experience.
La pandemia Covid-19 ha infatti “messo in pausa” il mercato del lavoro. E’ vero, sono stati bloccati i licenziamenti, ma pensiamo a tutti i contratti atipici; pensiamo a tutte le aziende che hanno chiuso, e a tutte quelle che hanno dovuto rallentare per sopravvivere.
Come dopo qualsiasi momento di emergenza e crisi, il mercato del lavoro ripartirà. Ci sarà un riassestamento, nasceranno nuove realtà, quelle già esistenti dovranno spingere sull’acceleratore per recuperare il tempo (ed il fatturato) perduto.
In pratica, ci sarà un forte “rimescolamento” nel mondo del lavoro, e migliaia di posizioni da ricoprire; il che significa che ci saranno migliaia di processi di recruiting che si apriranno, e centinaia di migliaia di persone che entreranno in questi iter selettivi.
Le aziende e gli HR dovranno essere pronti, con nuovi strumenti e nuove competenze, relative alla gestione ottimale della Candidate Experience come leva di branding e marketing. Questa materia sta trovando sempre più spazio anche nei principali percorsi formativi e Master in Risorse Umane, a dimostrazione dell’evoluzione della funzione HR come ramo strategico delle aziende.
Quali sono, dunque, gli strumenti che gli HR possono utilizzare per garantire ai candidati un’esperienza eccellente, e “trasformare” l’esercito dei non selezionati, da possibili detrattori del brand, in testimonial e ambasciatori della reputation aziendale, e probabilmente futuri clienti?
LA TRASPARENZA:
Nessuno ama sentirsi valutato senza avere abbastanza informazioni su cosa il recruiter stia valutando, e soprattutto nessuno ama essere escluso se non comprende bene le ragioni della scelta. Quindi, pur mantenendo l’autorevolezza necessaria, è importante accogliere e accompagnare i candidati attraverso tutto l’iter, sin dalla scrittura dell’annuncio, con trasparenza. Se possibile, è molto utile inserire anche degli strumenti (ie: test) che diano una “oggettività” alla valutazione, e considerare degli step selettivi gestiti attraverso strumenti digitali (penso ad esempio ai video-colloqui on demand).
IL FEEDBACK:
Questo è un momento molto importante, nell’ottica della Candidate Experience: come già detto, l’esito di un iter selettivo è un tema delicato, che tocca le aspettative, e persino l’autostima dei candidati. Ne deriva che talvolta, piuttosto che accettare la propria esclusione comprendendo che, semplicemente, c’era un candidato più idoneo, le persone cerchino delle carenze nell’oggettività della valutazione, e nella serietà dell’organizzazione stessa. Il nostro obiettivo, al contrario, è ottenere che diventino portavoce della qualità dell’azienda!
Un riscontro ed un feedback attento ci consentono di gestire al meglio il momento dell’”esclusione”. Bisogna dunque sempre comunicare l’esito, con una email breve ma personalizzata, ed onesta, che offra un feedback (questo aiuta la persona a migliorarsi), e magari che chieda un feedback “di ritorno”. Essere esclusi con una ragione, e vedere che l’azienda si prende il tempo di spiegarla, rende l’esperienza decisamente meno frustrante e più costruttiva; il candidato sente di ricevere rispetto, e lo restituisce.
FAI QUALCOSA IN PIU’:
Se Trasparenza e Feedback dovrebbero connotare ogni iter selettivo di qualità, è possibile fare la differenza nell’ottica di consolidare il rapporto coi candidati e la reputation del brand. Una buona strategia potrebbe essere quella di offrire agli esclusi dei benefits: un gadget aziendale con un biglietto di ringraziamento, uno sconto speciale (riservato ai candidati) sui prodotti/servizi offerti, un accesso privilegiato alla Community dell’azienda, sono gesti che danno qualità al “rapporto”, rendono costruttiva l’esperienza dell’esclusione, e consentono dunque un legame di fiducia tra il brand ed il candidato, che non mancherà di spendere belle parole sull’azienda e, magari, diventerà un nuovo cliente.