Motivare per crescere
di Manuela Rossini – Federica Cominelli
La motivazione, definita come la “forza motrice che porta un individuo a comportarsi in un determinato modo al fine di raggiungere uno scopo” (Westen, 2002), è un aspetto fondamentale nella vita di ogni essere umano, compreso il contesto lavorativo, dove rappresenta la spinta intrinseca che genera in tutti i lavoratori di un’azienda la determinazione e l’energia necessaria allo svolgimento di un compito specifico con un elevato grado di impegno e serietà.
Più nello specifico, la spinta motivazionale permette agli esseri umani di impegnarsi, in maniera attiva, in tutte le attività quotidiane, in quanto nasce da un bisogno che è alla base del comportamento umano, ovvero quello di colmare il divario percepito tra la condizione che si vive nel presente e la condizione desiderata. Si tratta, dunque, del desiderio di migliorare che risulta da uno stato di insoddisfazione, il quale, però, spinge l’individuo a reagire con l’obiettivo di porvi fine o, comunque, limitarlo.
Molteplici studiosi e ricercatori hanno avanzato le proprie teorie riguardanti il costrutto motivazionale. Tra questi, possiamo ricordare, lo psicologo Abraham Maslow il quale propose un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una “piramide dei bisogni”, ovvero una scala gerarchica dei bisogni umani.
Addentrandoci più a fondo in questa teorizzazione, Maslow pone alla base della piramide i bisogni essenziali, ovvero i primi che devono essere soddisfatti, i bisogni fisiologici legati alla sopravvivenza, mentre al vertice troviamo i bisogni psicologici e sociali dell’uomo tra cui quelli connessi al successo e alla soddisfazione rispetto al lavoro svolto, i quali ne definiscono l’autorealizzazione, il vertice della piramide.
Con il passare del tempo e con l’accumularsi di esperienze, nel corso della vita, le persone si pongono nuovi e più ambiziosi obiettivi da raggiungere. Di fatti, caratteristica dei bisogni sociali e relazionali è l’essere costantemente mutevoli. Questo è il motivo per il quale l’insoddisfazione, lavorativa e personale, è un fenomeno molto diffuso che ha tra le sue cause principali la mancata realizzazione delle proprie potenzialità.
Altro studioso che ha dato il proprio contributo all’evoluzione del concetto di motivazione è Herzberg che, nella sua teoria dei fattori duali, motivazione ed igiene, analizza la motivazione lavorativa. Secondo l’autore, esistono due tipi di fattori che incidono sul grado di soddisfazione ed insoddisfazione delle persone, percepito rispetto al proprio ruolo professionale: i fattori igienici e i fattori motivanti. I primi fanno direttamente riferimento al contesto lavorativo considerando elementi quali: la retribuzione, le condizioni contrattuali, l’ambiente lavorativo, le relazioni con il proprio responsabile e con i colleghi. Questi fattori non sono direttamente motivanti, ma possono essere la causa di demotivazione se non vengono adeguatamente soddisfatti. I secondi, i fattori motivanti, invece, riguardano più strettamente i contenuti intrinseci del lavoro e soddisfano quei bisogni di livello superiore come, ad esempio, il raggiungimento dei risultati, la possibilità di crescita personale e di assumere ruoli che comportano una maggiore responsabilità, il riconoscimento dell’impegno investito e della qualità del lavoro svolto, la responsabilità e la fiducia percepita.
Nello specifico, questi sono i bisogni che hanno una incidenza diretta maggiore sul grado di motivazione dei lavoratori.
L’assenza dei fattori sopracitati causa, infatti, un’assenza di motivazione, influenzando, di conseguenza, la percezione di competenza che il dipendente ha del suo lavoro. Allo stesso tempo però l’assenza dei fattori igienici causa malcontento, perché potrebbe innescare una percezione negativa del contesto lavorativo. Quando, invece, sono presenti, riducono sicuramente l’insoddisfazione ma non incidono direttamente sulla motivazione.
In questa prospettiva, appare dunque evidente la necessità di focalizzarsi su entrambi gli aspetti per garantire un adeguato livello di autostima, di autoefficacia, di orientamento al risultato, ovvero tutti quei fattori che insieme garantiscono sia la soddisfazione che la motivazione lavorativa.
Qual è, quindi, il compito dell’organizzazione? Il compito dovrebbe essere quello di individuare, stimolare e attivare i fattori motivazionali positivi dei propri collaboratori.
Con l’obiettivo di motivare il proprio team, ottenendo di conseguenza performance migliori ma soprattutto accrescendo il loro grado di benessere, gli aspetti sui quali è necessario focalizzarsi e le azioni che, secondo Herzberg, possono essere messe in pratica dalle aziende sono: la formazione continua, la promozione della creatività e lo stimolo all’innovazione, incoraggiare l’attività di delega da parte dei manager dando maggiore responsabilità ai propri collaboratori, la capacità di pianificare, la definizione delle priorità, l’assunzione di rischi e sostenere un clima aziendale orientato alla crescita dei team e, di conseguenza, dell’intera organizzazione.
Gli strumenti utili ad aumentare la motivazione possono essere appresi!
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