Qualità dell’esperienza lavorativa e gestione dei conflitti

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Qualità dell’esperienza lavorativa e gestione dei conflitti

di Eugenio Vignali

Le cosiddette “dimissioni di massa” (great resignation) alle quali stiamo assistendo in molti paesi sono un fenomeno sociologico prima ancora che economico, in quanto, secondo le interviste condotte da più fonti, riguardano soprattutto l’insoddisfazione verso quella che si può definire come la complessiva Qualità dell’ “Esperienza Lavorativa” (QEL) dei collaboratori piuttosto che verso gli aspetti retributivi e di inquadramento.

Mentre l’ “abbandono silenzioso” (silent quitting o quiet quitting), vede il semplice ripristino dell’equilibrio casa-lavoro a favore della vita privata, molti si licenziano per il divario fra le proprie aspirazioni e aspettative personali e la situazione che vivono nello svolgimento dell’attività lavorativa in quello che non è più definibile in senso stretto come “il posto” di lavoro, comprendendo oggi anche le forme a distanza o di smart working.

La QEL (o Employee Experience) è un concetto utilizzato in ambito HR che trova diverse declinazioni.

Personalmente ne ho sintetizzata una che privilegia le relazioni informali e la dimensione soft del rapporto con l’organizzazione, proprio quegli aspetti verso i quali sembra essere aumentata la sensibilità dei collaboratori.

Questi aspetti, indagabili attraverso survey individuali e misurabili attraverso specifici indici, riguardano, fra gli altri:

  • il soddisfacimento degli obiettivi e delle aspettative personali
  • la coerenza fra i valori personali e quelli organizzativi
  • il rispetto della individualità e della cultura di origine
  • lo sviluppo del talento e delle abilità individuali
  • la crescita personale e la spiritualità
  • il riconoscimento del proprio ruolo da parte dell’organizzazione e il suo status al suo interno
  • la qualità delle relazioni e il clima interno
  • la pronta ed efficace gestione dei conflitti interpersonali.

Si potrebbe dire che, migliorati gli standard di base della società di appartenenza, gli individui sono sempre più proiettati verso il soddisfacimento di bisogni di ordine superiore, puntando alla realizzazione di sé dopo aver visto riconosciuto il valore del proprio ruolo, anche lavorativo, rafforzando la propria autostima.

Tornando alla QEL, da una parte gli aspetti elencati contribuiscono all’esperienza individuale, dall’altra esprimono la misura di quanto la cultura organizzativa pone l’individuo al centro di ogni suo processo e se ne prende cura.

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Superata la visione della forza lavoro come semplice fattore produttivo e riconosciuta la dimensione sistemica di ogni organizzazione umana, resta la complessità della gestione di elementi che non possono essere considerati come costanti nell’equazione della creazione di valore, ma si rivelano sempre più variabili indipendenti, ciascuna con le proprie caratteristiche.

Ciò significa che la dimensione umana delle organizzazioni richiede sempre più l’utilizzo di doti di leadership piuttosto che di management. Non deve essere cioè “gestita” ma “motivata”, o, ancor meglio, “ispirata” alla creazione di un unico campo coerente di intento, energia ed informazioni focalizzato verso un comune obiettivo.

L’organizzazione si deve dunque dotare di ruoli, procedure e strumenti di sostegno a questo processo unitario, creando le condizioni per la propria migliore performance (massima si riferisce a una misura quantitativa, migliore a una qualitativa) anche attraverso la QEL dei suoi membri, ad ogni livello.

Una particolare attenzione all’interno della QEL deve essere posta alle situazioni di crisi nelle relazioni poiché questo aspetto, sia esso dovuto al ruolo o a uno scontro di personalità, ha sempre un impatto importante sulla vita lavorativa delle persone. Il  Kelly Global Workforce Index del 2015 riporta infatti che fra le caratteristiche che rendono un ambiente di lavoro “ideale” il clima collaborativo si aggiudica ben il 60% delle preferenze a livello europeo, che salgono addirittura all’80% in Italia.

La prevenzione dei conflitti e la loro pronta gestione affinché siano trasformati in occasione di auto apprendimento individuale e di miglioramento della performance organizzativa risulta pertanto essere una competenza assolutamente necessaria per chi ha la responsabilità su altre persone e dunque sulla loro QEL, sia il direttore del personale, di uno stabilimento o di una singola unità organizzativa, e tali ruoli devono essere preparati a ciò attraverso specifici percorsi di formazione e training.

In conclusione, anche se la QEL fa riferimento alla dimensione soggettiva dell’esperienza di ciascun individuo, di fatto nel suo insieme essa influisce sulla performance dell’intera organizzazione e sui processi che avvengono al suo interno, e dunque sulla qualità finale del prodotto o servizio, con le conseguenti ricadute in termini di ricavi ma anche degli altri asset intangibili riferibili agli stakeholder esterni, quali la reputazione e la fidelizzazione del cliente.

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Eugenio Vignali
Consulente di direzione, esperto di conflict management, mediatore dei conflitti in azienda e delle controversie civili e commerciali, mi sono sempre più focalizzato sulle relazioni informali all'interno delle organizzazioni perché nella maggior parte dei casi si è dimostrato il vero problema gestionale o organizzativo.

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