I gironi danteschi per recruiter e candidati

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I gironi danteschi per recruiter e candidati

di Sara Brasca

Nel precedente articolo era stato Nietzsche a darci lezione di risorse umane; questa volta metterò in cattedra Dante, con un tono più sarcastico e bonario, ma che intende comunque evidenziare problematiche reali.

Dal momento che sono convinta che i recruiter, oltre a mettere in discussione i candidati, debbano sempre mettere in discussione anche loro stessi, questo articolo proporrà gironi danteschi per entrambi le categorie. Chissà che qualcuno si redima e possa sfuggire alle pene eterne.

Tre gironi danteschi per i recruiter

1. L’iracondo

Il recruiter iracondo perde subito la pazienza. Il candidato arriva 5 minuti in ritardo? Inaffidabile. Dimentica di impostare il cellulare in silenzioso? Non è serio. Inizialmente risponde a fatica? Poco sveglio.

Caro recruiter, ricorda che hai pur sempre davanti delle persone. Sei sicuro che il candidato non sia arrivato in ritardo perché è un orario di punta e viene da fuori città? Hai cercato di metterlo a suo agio e non farlo sentire giudicato? E, soprattutto, ricorda che sei un essere umano anche tu e non un robot. Magari è una giornata no, magari ti hanno fatto innervosire cinque minuti prima. Cerca di domandarti sempre se non hai cominciato il colloquio prevenuto.

Caro candidato, cerca di essere sempre cordiale ed educato. Un imprevisto può capitare, ma chiedi scusa se il telefono squilla nel bel mezzo del colloquio. E se proprio ce l’hai messa tutta ma il recruiter non ti ha mai fatto mezzo sorriso, tranquillo, gli iracondi passano l’eternità immersi nella palude Stigia. 

In la palude va c’ha nome Stige
questo tristo ruscel, quand’è disceso
al piè de le maligne piagge grige.

E io, che di mirare stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano,
ignude tutte, con sembiante offeso.

Queste si percotean non pur con mano,
ma con la testa e col petto e coi piedi,
troncandosi co’ denti a brano a brano.

Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l’anime di color cui vinse l’ira;
e anche vo’ che tu per certo credi
che sotto l’acqua è gente che sospira,
e fanno pullular quest’acqua al summo,
come l’occhio ti dice, u’ che s’aggira.

Fitti nel limo, dicon: “Tristi fummo
ne l’aere dolce che dal sol s’allegra,
portando dentro accidioso fummo:
or ci attristiam ne la belletta negra”.

Quest’inno si gorgoglian ne la strozza,
ché dir nol posson con parola integra».

Inferno, VII, vv. 106-126.

2. L’adulatore 

Nella seconda bolgia dell’ottavo cerchio sono puniti gli adulatori. Il recruiter adulatore è quello che al colloquio fa grandi sorrisi, ti dice che hai un buon curriculum e che sei in linea con l’offerta, si assicura che tu sia disponibile a cominciare al più presto e ti fa sentire quasi con il contratto in mano. Poi ti chiama e ti dice che sei piaciuto tantissimo, che sei proprio perfetto ma la necessità è calata, vi risentirete fra qualche settimana. E progressivamente scompare. 

Caro recruiter, so che a volte incontriamo candidati molto validi per cui però non abbiamo posizioni aperte. La soluzione, tuttavia, non è illuderli per tenerseli disponibili. Sii sincero, il candidato apprezzerà e, quando avrai il posto giusto per lui, si ricorderà della tua trasparenza e magari ti preferirà a un’altra offerta. 

Caro candidato, non avere timore a chiedere al recruiter perché, nonostante le belle parole, ancora non ti assume. Magari c’è un intoppo che non dipende da lui e sta facendo di tutto per portare avanti la tua candidatura. Sii paziente e collaborativo. Se proprio poi arrivano solo belle parole senza i fatti, non temere, i ruffiani non se la passeranno bene nell’al di là. 

Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.

Inferno, XVIII, vv. 112-114.

3. Il superbo

Il recruiter superbo crede di avere la verità in tasca: non ha nulla da imparare dai lavoratori, nulla da imparare dai clienti, nulla da imparare dai colleghi. Non può mai sbagliare e non può mai fallire. Fa il colloquio come se in realtà avesse già capito tutto leggendo il curriculum e prestando poca attenzione a quello che il candidato dice. 

Caro recruiter, lo so che dopo aver letto centinaia e centinaia di curriculum e aver fatto centinaia di colloqui, hai sviluppato un buon intuito e una buona capacità di screening. Tuttavia, tendi sempre l’orecchio anche al più piccolo dettaglio che il candidato può aggiungere quando lo incontri. 

Caro candidato, ricorda che, anche se il recruiter svolge una mansione diversa dalla tua, tuttavia si è preparato prima di colloquiarti. Anche se facciamo un altro lavoro, sappiamo la differenza tra tornio e fresa, conosciamo i linguaggi di programmazione, i tipi di verniciatura, i gestionali per l’amministrazione e tanto altro. Non porti con arroganza. Spiega le tue esperienze passate con lo scopo di dare un valore aggiunto alla mera competenza tecnica: aggiungi qualcosa di tuo, trasmetti passione. Così potrai spiazzare anche il recruiter più superbo, che capirà che ogni colloquio permette a entrambi le parti di imparare qualcosa di nuovo e accorcerà la sua permanenza in Purgatorio, schiacciato da un masso che lo costringe a camminare chino, battendosi il petto.

Ed elli a me: «La grave condizione
di lor tormento a terra li rannicchia,
sì che i miei occhi pria n’ebber tencione.

Ma guarda fiso là, e disviticchia
col viso quel che vien sotto a quei sassi:
già scorger puoi come ciascun si picchia».

Purgatorio, X, vv. 115-120.

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Tre gironi danteschi per i candidati

1. L’ignavo

Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo».

Inferno, III, vv. 34-36.

Il candidato ignavo risponde a molte delle domande del recruiter con è uguale, boh, massì.  Non prende posizione, non compie una scelta, non si espone. Questo atteggiamento può dare l’impressione di disinteresse e di scarso entusiasmo. 

Caro candidato, esprimere la propria opinione è lecito e, anzi, necessario. Alcune domande che il recruiter ti pone non prevedono una risposta giusta o sbagliata in senso assoluto, ma semplicemente una risposta che ti porterà ad essere più idoneo per una posizione piuttosto che per l’altra. Rispondendoci con educazione, sincerità e collaborazione, ci aiuti a trovare il posto giusto per te. Se ti offro due posizioni e ti chiedo quale preferisci, esponimi i pro e i contro di ognuna, secondo la tua attitudine. L’importante è sempre argomentare, spiegare e far emergere il tuo valore. Ricordati che Dante spiega come gli ignavi, proprio a causa della loro incapacità di schierarsi, restano fuori sia dall’Inferno che dal Paradiso. Non vorrai restare escluso anche tu?

«Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».

Inferno, III, vv. 40-42.

Caro recruiter, ricorda che a volte i lavoratori arrivano da te dopo essere stati scottati. Non essere duro: cerca di capire se sotto questa apparente apatia, non c’è una brutta esperienza. Fai sentire il candidato a proprio agio, spingendolo a esprimersi liberamente su ciò che va bene per lui. Prova a fare tu qualche domanda, per guidarlo sulla strada giusta. Se proprio non funzionerà, li attenderà una brutta punizione, ideata dal nostro poeta: 

Questi sciagurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch’eran ivi.
Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto.

Inferno, III, vv. 64-69. 

2. Il falsario 

Nella decima bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno sono puniti i falsari, che si dividono in falsari di metalli, ovvero gli alchimisti, falsari di persona, falsari di monete e falsari di parola. Forse fra questi ultimi possiamo trovare i candidati che inseriscono false competenze nel curriculum?

Caro candidato, come si suol dire, tutti i nodi vengono al pettine. Gonfiare il curriculum può farti passare le prime fasi di selezione, più superficiali, ma noi recruiter siamo addestrati a scavare a fondo, soprattutto per mansioni molto specifiche. Se poi siete tanto bravi a mentire da convincerci ad assumervi, basterà vedervi lavorare il primo giorno per verificare se sapete davvero fare quello che avete promesso. Conclusione? Siate sinceri. Magari vi sarà offerto un livello più basso, ma vi verrà data fiducia: la partecipazione a corsi di formazione o semplicemente l’affiancamento a un lavoratore più esperto vi porteranno ad acquisire davvero quella competenza e quindi un avanzamento di carriera. Non abbiate paura se avete poche esperienze, brevi o generiche. Il nostro lavoro è anche cercare il potenziale. 

Caro recruiter, non andare sempre alla ricerca del curriculum perfetto. Anche se sulla carta manca qualcosa, ma il candidato sembra affidabile e volenteroso, dagli una possibilità. Purtroppo qua sulla terra i falsari non sono così facilmente riconoscibili come nell’al di là: all’inferno soffrono di tutti i morbi esistenti ed emanano un gran puzzo. Sarebbe bello saper riconoscere una bugia a naso, ma per ora limitati alle strategie di recruiting che permettono di individuare le soft skills. 

Qual dolor fora, se de li spedali,
di Valdichiana tra ‘l luglio e ‘l settembre
e di Maremma e di Sardigna i mali
fossero in una fossa tutti ‘nsembre,
tal era quivi, e tal puzzo n’usciva
qual suol venir de le marcite membre.

Inferno, XXIX, vv. 46-51.

«L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo;
l’altr’è ‘l falso Sinon greco di Troia:
per febbre aguta gittan tanto leppo».

Inferno, XXX, vv. 97-99. 

3. Il traditore

Nel ghiacciato Cocito Dante punisce i traditori: dei parenti, della patria, degli ospiti, dei benefattori. Il poeta non poteva ancora immaginare che ci sarebbero stati i traditori del datore di lavoro, ma penso che li avrebbe inseriti ugualmente in questo nono cerchio. Penso a quei candidati che alla domanda: Perché vorrebbe cambiare posto di lavoro? cominciano a denigrare il loro attuale principale. Intendiamoci, non voglio predicare l’omertà riguardo a sfruttamento, scarsa sicurezza sul luogo di lavoro o altre situazioni non a norma di legge. Mi riferisco a risposte come: non vado d’accordo con nessuno nel mio ufficio, il mio capo non capisce niente, mi dà fastidio che mi si dica cosa fare, mi mettono a fare cose da ragazzini. 

Caro candidato, è lecito voler cambiare luogo di lavoro, ma cerca di comunicarcelo in modo costruttivo: vorrei un ambiente più sfidante, che mi permetta maggiormente di mettere alla prova e migliorare le mie competenze, un capo più presente, dei colleghi più collaborativi. 

Caro recruiter, tendi l’orecchio a ciò che il candidato ti dice.  Magari sta realmente vivendo una situazione di forte disagio, che lo porta ad essere demotivato e sfiduciato. Cerca di infondergli di nuovo la convinzione di poter crescere sul luogo di lavoro, di poter trovare un ambiente piacevole. Se invece ti trovi davanti un vero polemico, che critica chiunque lo abbia mai assunto, non temere, soffrirà un gran gelo:

Per ch’io mi volsi, e vidimi davante
e sotto i piedi un lago che per gelo
avea di vetro e non d’acqua sembiante.

Inferno, XXXII, vv. 22-24.

 

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Questo articolo è offerto da:

Sara Brasca
Sono dottoressa magistrale in Filologia Moderna. Ho svolto uno stage curriculare di un anno in ambito HR, presso la filiale Synergie di Vigevano, scoprendo un mondo che mi ha fortemente appassionata. Il mio obiettivo è sviluppare competenze sempre più specifiche nel recruiting, facendo tesoro della flessibilità mentale e della capacità critica date dalla mia formazione umanistica.

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