Il ruolo della neurosociologia e dello studio del linguaggio non verbale nella selezione del personale
L’intelligenza emotiva è ormai, a mio avviso, l’anticamera dei requisiti da esaminare in un candidato senza i quali questo non potrà quasi-mai proiettarsi in futuro in un contesto aziendale.
Ebbene, il processo di selezione del personale deve essere orientato verso l’individuazione delle capacità emotive del selezionato di trasmettere all’osservatore entusiasmo e passione per tutto ciò che riguarda il suo background formativo, indipendentemente dalle sue competenze tecniche che potranno essere valutate con qualsiasi mezzo e modo da parte dell’azienda, come un semplice patto di prova.
Il cuore del colloquio di lavoro deve essere, a mio sommesso avviso, “il cuore” del candidato, nonché la capacità del candidato di riconoscere le proprie e le altrui emozioni funzionali a guidare al meglio le proprie idee e azioni per far comprendere all’impresa che solo chi ha passione e amore per il proprio lavoro può produrre al meglio e ottimizzare le proprie performance.
Ciò posto, v’è da chiedersi se le neuroscienze, in particolare la neuro-sociologia, possono essere un valido mezzo per comprendere le qualità su esposte del candidato in un’ottica di osservazione che si fondi sul linguaggio emotivo e non verbale di quest’ultimo?
Non possiamo che rispondere positivamente a questo quesito.
Gli studi di neurosociologia, attraverso le diramazioni dello studio del linguaggio non verbale, non può che essere uno valore aggiunto utilissimo e indispensabile di comprensione e di interpretazione delle emozioni del candidato al fine di giungere ad una scelta che risulti la più giusta e coerente rispetto alla cultura aziendale, giacché, secondo studi di settore, il 90% della comunicazione umana è di tipo non verbale.
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Lo studio del linguaggio non verbale è funzionale a comprendere le difformità tra quanto comunicato con il linguaggio verbale e linguaggio non verbale e per stabilire un rapporto empatico con il candidato attraverso anche la c.d. “posizione a specchio”, ovvero di rapport, per far sentire il selezionato a suo agio e accettato.
Invero, come sostengono gli esperti, è proprio grazie alla scoperta copernicana dei cd. neuroni specchio che la tecnica della posizione a specchio può essere spiegata. Sicchè i neuroni del selezionatore “riflettono” il comportamento del selezionato, come se stesse compiendo l’azione egli stesso.
La chiave di volta per comprendere, quindi, al meglio il candidato è quello di farlo sentire a suo agio e accettato per far sì che lo stesso possa aprirsi e sfoggiare le sue qualità migliori fin dal primo contatto con la stretta di mano, che è un mezzo rilevante di comunicazione e di trasmissione di informazioni in ordine alla personalità del candidato e soprattutto è un indice predittivo positivo di superamento del colloquio (Greg L. Stewart, 2008), nonché attraverso i gesti illustratori e di adattamento che possono crescere al crescere della tensione e del livello di stress dettato dal colloquio.
È necessario quindi osservare il selezionato a 360°, partendo dai messaggi che il corpo dello stesso trasmette al selezionatore attraverso i mezzi che lo studio della neuroscienza ci fornisce, e focalizzare il colloquio di lavoro sull’analisi della personalità del candidato per scegliere il nuovo valore aggiunto che entrerà a far parte dell’azienda.
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