La stanza del silenzio
L’avanguardia della comunicazione e degli Assessment Center
Venerdì, tardo inverno. Le dieci del mattino. Mentre passo in rivista quell’appassionato epistolario lavorativo che, or è quasi un anno, delizia le mie giornate da remoto e che taluni Guru della Comunicazione chiamano, con rara arguzia anglosassone, le e-mail, ecco squillare il telefono.
É F., un mio conoscente, nonché uno dei miei più benevoli editori. F., quel venerdì tardo inverno, alle dieci di mattina, mi usò la cortesia di una telefonata. Lo ringrazio ancora per questo.
Si sappia che con F. io parlo sempre a lungo e volentieri. E di buon grado parlai con lui anche quel venerdì, alle dieci della mattina. Conoscente si, ma – sia ben chiaro – in tempi non sospetti avrei osato addirittura definirlo un amico, se solo avessi avuto l’occasione di incontrarlo personalmente e stringergli la mano. Ma tant’è, questo passa il convento in tempi di museruole e unguenti sulle mani.
F., tra i tanti progetti che sempre gli frullano per la testa e che mi delinea con dovizia di particolari, comincia a raccontare, anzi a narrare, le gesta e le vicende non di Achille e della sua ira, ma di quelle ben più nutrienti che si consumano o si consumerebbero dentro l’ultimo espediente social che risponde al nome di Clubhouse. Per inciso, ho usato il verbo narrare perché oggi lo impiegano con sottigliezza letteraria i Migliori Guru della Comunicazione, quelli che addensano e impreziosiscono le nostre letture quotidiane sugli smartphonessss.
Non senza un sussulto di stupore, scopro dalla viva voce di F. che nelle cosiddette rooms pare si discorra, con incedere metodologico e ad ogni ora del giorno e della notte, dei più disparati argomenti. E sembra che tra questi sarebbe addirittura possibile imbattersi in quelli più ardui e ingrati dal punto di vista epistemologico, metafisico e finanche teologico. Quelli che la cosiddetta bassa Scolastica del periodo aureo classificò – sotto il nume tutelare aristotelico – con il titolo forse un po’ troppo altisonante di “prove ontologiche dell’esistenza di Dio”.
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Appuro in seguito, questa volta con un’oncia d’invidia, che tra queste rooms ve n’è una chiamata Stanza del Silenzio. Si, d’invidia, perché sentendo quel nome, Stanza del Silenzio, avrei voluto esserne l’ideatore unico ed indiscusso.
La Stanza del Silenzio pare sia un luogo dove un numero imprecisato di avventori, per un periodo altrettanto imprecisato, si ritrovi attorno ad un tavolo, come in una notte di Valpurga, e si guardi in faccia senza proferire verbo. Senza narrazioni, appunto. Tavolo virtuale, chiaramente, ma al centro di una vera stanza.
Ora, l’immagine evocata da F. mentre mi parla – chiedo scusa, mentre si prodiga nella narrazione dell’ultimo ritrovato dell’intellighenzia social – non solo richiama alla mia memoria, tra sospiri e rantoli inesprimibili, gli orrendi olocausti che si consumavano in un’altra stanza, la numero 101, quella di George Orwell per intenderci, ma pungola oltremodo e dolorosamente la mia curiosità già caduca e in disarmo. E non soddisfatta, maledetta, quell’immagine mi trafigge come fossi un San Sebastiano, provocandomi uno smottamento di ipersensibilità e suggestionabilità residuali che ancor oggi, a distanza di settimane, continuano a pervadermi con un brivido corrente lungo la schiena.
A detta di F., sembra che la Stanza del Silenzio – diciamolo sottovoce – sia amministrata da un Moderatore. Ogni room ne ha uno. A sue insindacabili indiscrezioni, Egli, il Moderatore della Stanza del Silenzio, Guru della Comunicazione, seleziona gli aspiranti starec, i mistici del web, che, in odore di santità, intraprendono devotamente le loro ascesi connettive alimentandosi di mutismi estatici e di oblii sepolcrali. Estasi e oblii che si librano come demoni clementi e scellerati nell’aria rarefatta della Stanza del Silenzio.
Dico prontamente ad F. che non appena mi sarà possibile anch’io, certamente, mi iscriverò e mi recherò in quella stanza degli abbandoni. Ah, come vorrei epurarmi anch’io – gli confesso – dalle tossine di tutti questi glossatori pertinaci e impenitenti che si credono scrittori e pretendono di equipararsi ai Guru della Comunicazione. Quelli con la C maiuscola! Come vorrei anch’io lasciarmi andare alla deriva del pensiero. Ovunque voglia condurmi.
Ora, una Stanza del Silenzio non sarebbe una cattiva soluzione neanche per le nostre Aziende. Guardatele, osservatele bene le aziende. Coacervi di ingegni costantemente impelagati nella tragica ottemperanza degli indici di efficienza ed efficacia. Quale sollievo sarebbe per loro una così salubre trovata. Lo so, lo so: alcuni manager storcerebbero il naso. Un romitaggio in piena regola durante l’orario lavorativo! Che diamine! Solo questo ci manca: il cazzeggio silente!
Immaginatevi, tanto per dire, il Sig. X o la Sig.ra Y seduti nella Stanza del Silenzio mentre se ne stanno impalati senza fiatare, sotto gli occhi del Moderatore, il loro Responsabile, ritiratosi, come loro, per mezz’ora nello stanzino del mutismo a ristorare lo spirito, seduto magari di fronte al suo collega con il quale fino a qualche minuto prima aveva sciorinato, non privo di registro tenorile, come in una Lectio Magistralis, il calendario dei Santi dei mesi estivi.
Forse non sarebbe una cattiva idea se qualcuno suggerisse ad un HR Manager di investire qualche spicciolo preso dalle casse del Budget Semestrale per far allestire una Stanza del Silenzio nella propria azienda. Ah, quanti, dopo poco, gliene sarebbero grati! No, non è necessaria una location con tutti i crismi. Basterebbe un ottimo prefabbricato in lamiera e ben insonorizzato, posto magari nel parcheggio dei Dirigenti, dove poter consumare le migliori pause caffè in religiosa quies, tra una Riunione con il Team e una call con il Direttore Commerciale.
Si, questa potrebbe essere davvero una soluzione rivoluzionaria che segnerebbe il nuovo passo delle politiche della Direzione del Personale, degli Assessment Center, dei Programmi di Valutazione delle Performances o dei Focus Group, nonchè dell’avanguardia della Comunicazione Efficace in Azienda, sostenuta così irreprensibilmente e superbamente dai Guru della Comunicazione. Quelli veri!
Si, proprio questo potrebbe essere il momento giusto. Come giusto fu quel venerdì mattina, alle dieci del mattino, tardo inverno, quando il mio amico – o no, scusate, quando il mio conoscente nonché benevolo editore, F. – mi usò la cortesia di una telefonata.
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