Le attribuzioni causali nella ricerca di lavoro

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Le attribuzioni causali nella ricerca di lavoro

Approccio “sano” e approccio “malsano”

di Rovena Bronzi

Nell’ambito della psicologia sociale, le attribuzioni causali rappresentano quei processi attraverso i quali le persone (i cosiddetti “soggetti naif”) tendono a ricercare le cause degli eventi e dei comportamenti, persino quando le informazioni a disposizione sono scarse, allo scopo di:

  • farsi un’idea del mondo circostante;
  • cercare di prevedere il futuro;
  • cercare di controllare gli eventi (o almeno avere la percezione di poterlo fare) per garantire stabilità e tranquillità nelle proprie vite;
  • aumentare motivazione e autostima.

I fattori legati a tali processi sono:

  • locus of control: si riferisce al chi o al che cosa ha causato un certo effetto.

Possiamo cosi parlare di cause interne (quelle legate a tratti stabili della personalità, attitudini, punti di forza e/o debolezza, motivazioni, oppure cosa ha fatto una persona per raggiungere un certo obiettivo, in termini di impegno, sforzo, ecc.) e cause esterne (quelle legate a fattori esterni quali la fortuna/sfortuna, gli “altri” che con le loro azioni possono determinare l’esito di un certo evento, le opportunità o le minacce provenienti dall’ambiente circostante o le caratteristiche stesse dell’obiettivo da raggiungere);

  • stabilità e durata nel tempo: si riferisce al fatto che una causa può essere stabile e duratura oppure occasionale, eccezionale;
  • controllabilità: si riferisce ad attribuzioni legate a fattori esterni che non dipendono dalla persona (e quindi non sono controllabili) o interni che dipendono dalla persona (e quindi sono controllabili).

Due sono gli approcci che possiamo avere:

  • sano: l’attribuzione viene fatta solo dopo un’attenta analisi sia del contesto che di noi stessi, per capire come siamo arrivati al successo/fallimento, cosa abbiamo fatto, come ci siamo mossi per raggiungere un certo obiettivo, quali possono essere stati i nostri meriti, ma anche le nostre colpe e responsabilità, come può aver influito l’ambiente circostante, ecc.

L’attribuzione delle cause, in quest’ottica, diventa quindi il risultato di tale analisi che porterà, da un lato, a prendere atto di eventuali colpe e responsabilità dinnanzi ad un fallimento e di meriti, sforzi e competenze dinnanzi a un successo, dall’altro, di eventuali fattori esterni che non devono mai essere esclusi dall’analisi;

  • malsano: in questo caso, indipendentemente dall’analisi fatta (o più delle volte proprio non fatta) vi è una tendenza stabile e duratura o ad attribuire sempre e comunque i successi a soli fattori esterni e gli insuccessi a soli fattori interni o, al contrario, ad attribuire sempre e comunque i successi a soli fattori interni e gli insuccessi a soli fattori esterni.

Nel primo caso, di solito, tale tendenza è dovuta a una bassissima autostima, al sminuirsi continuamente e al sentirsi sempre in difetto, magari come tratto di personalità o come causa di esperienze passate, nel secondo caso è perché di solito risulta la strada più facile, meno dolorosa (perché può aiutare a recuperare un po’ dell’autostima “perduta” nel tempo) e anche, diciamolo, un po’ più “comoda” (“non è stata colpa mia, non ho responsabilità, quindi non devo pagare alcun pegno”), oppure perché abbiamo un Io ipertrofico.

Ora vediamo questi due approcci applicati alla ricerca di un nuovo lavoro.

Pensiamo a tutte quelle volte in cui ci siamo attivati per cercare un nuovo lavoro, per cambiare quello che stavamo svolgendo ma l’esito di tali ricerche è stato insoddisfacente, fallimentare, negativo.

Iniziamo, caso per caso, a riflettere sulle cause che secondo noi possono aver portato ad ottenere dei risultati negativi.

Possiamo segnarle su un foglio, diviso in 2 colonne:

A = cause interne, riconducibili alla persona che ha messo in atto un certo comportamento;

B = cause esterne, riconducibili all’ambiente circostante, ad altre persone coinvolte oppure alle caratteristiche stesse dell’obiettivo che vogliamo raggiungere, al compito che stiamo eseguendo.

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Qui di seguito, alcune tra le cause più frequenti di insuccesso che potrebbero venirci in mente:

Cause interne:

1.  il mio livello di impiegabilità, per età, formazione, esperienze di lavoro, skills, ecc. è/era davvero troppo basso per una ricerca in autonomia;

2. ho iniziato la ricerca senza documentarmi, senza aver chiesto consigli ad esperti, senza aver fatto alcuna analisi preliminare (per esempio tramite un’analisi SWOT per definire opportunità – minacce/punti di forza – punti di debolezza) o senza aver definito un piano d’azione;

3. mi sono documentato ma mi sono mancati gli strumenti per autorealizzarmi. Non sono un esperto e quindi, nonostante l’impegno e gli sforzi fatti:

  • ho commesso degli errori di valutazione (per esempio, nel definire i miei punti di forza e i miei punti di debolezza, le opportunità e le minacce provenienti dall’esterno);
  • nonostante una corretta valutazione, non sono stato in grado di stendere un buon piano d’azione;
  • nonostante una corretta valutazione e un buon piano di azione a livello teorico, ne è conseguita una cattiva organizzazione nella ricerca attiva vera e propria, risultata di fatto confusa, caotica e limitata;

4. nel tempo, hanno avuto il sopravvento emozioni negative che non sono riuscito a gestire adeguatamente, quali demotivazione, rabbia, diniego, impedendomi di essere resiliente e di attivarmi in modo sano e costruttivo; cosi come paure (di espormi, di cambiare davvero), bassa autostima, disagi interiori, vissuti profondi, impedendomi di arrivare alla meta desiderata;

5. troppi vincoli (giustificati o meno) nella disponibilità, troppa poca elasticità verso il cambiamento, obiettivi troppo ambiziosi, mancanza di volontà, ecc.;

6. il tempo dedicato alla ricerca attiva di un nuovo lavoro e le energie spese in tal senso sono state minime, insufficienti.

Cause esterne:

1. le minacce esterne sono risultate molto più forti rispetto alle opportunità e ai miei punti di forza, nonostante le avessi considerate (crisi e andamento del mercato, ambiente sociale/culturale/geografico in cui sono inserito, ecc.);

2. eventi imprevedibili, che sarebbe stato impossibile pianificare a priori e appunto prevedere. Ne è un esempio la pandemia a cui abbiamo appena assistito e che ha stravolto le vite di tutti portando inevitabilmente, da un lato, a uno “stop” forzato di ricerca attiva, dall’altro, a trovarsi davanti “porte chiuse”, colloqui rimandati e annullati, chiusure e fallimenti (anche se non in tutti i settori);

3. stereotipi e pregiudizi che purtroppo, mio malgrado, persistono tuttora nel mondo del lavoro;

4. è colpa di…qualcun altro che non sono io…per esempio il recruiter o il tutor o il consulente con cui avevo parlato;

5. “sono stato sfortunato”, “ho avuto il destino contro”, “il mondo del lavoro è fatto di ingiustizie per cui per uno come me non ci sono opportunità”, ecc. tutte affermazioni che spostano il focus delle mie responsabilità su fattori non controllabili, limitandomi di fatto ad apparire come vittima che subisce i fattori esterni.

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Iniziamo quindi a trascrivere tutte quelle cause, interne o esterne, che a nostro avviso possono averci portato a un insuccesso, riflettendo su ciascuna.

Se quello che si evidenzia, da questa analisi, è una tendenza stabile e duratura a: 1.dare in modo seriale la colpa all’ambiente circostante o agli altri, alla sfortuna, al fato e alla nostra “condizione ingiusta” nel mondo, oppure 2. assumerci sempre e comunque le colpe e le responsabilità dei fallimenti e degli insuccessi, allora il nostro approccio è malsano e quindi non ci porterà a imparare nulla, non ci porterà a migliorarci davvero, a cambiare il corso degli eventi, a evolverci verso la realizzazione!

Pensiamo ora, al contrario, a dei successi, a degli importanti risultati che abbiamo raggiunto e utilizziamo la stessa tecnica di analisi e valutazione, rivedendo le cause sopra citate in un’ottica vincente.

Se allo stesso modo, si evidenzia da questa analisi una tendenza stabile e duratura a: 1. attribuire il successo esclusivamente a noi, al nostro impegno (che poi magari non era neppure cosi evidente), alle nostre skills, al “quanto siamo stati bravi”, negando totalmente l’influenza di fattori esterni quali la fortuna (trovarsi al posto giusto, al momento giusto, con la persona giusta) o l’andamento del mercato, oppure 2. pensare di non avere avuto alcun merito ma di essere sempre e solo stati “fortunati” per esempio, allora anche in questi casi il nostro approccio è malsano e altrettanto non costruttivo.

A questo punto, quindi, quello che prima di tutto dobbiamo fare è cercare di trasformare (magari anche con l’aiuto di un esperto) il nostro approccio malsano in un approccio sano, che ci permetterà, grazie a un’analisi attenta, obiettiva e ragionata, di attribuire equamente e obiettivamente meriti e colpe, sia a noi che all’ambiente circostante.

Così facendo, magari non saremo in grado di prevedere il futuro e di controllarne incondizionatamente gli eventi, ma di sicuro saremo in grado di aumentare motivazione e autostima, di rapportarci verso noi stessi e gli altri in modo costruttivo, di far sì che i nostri errori e le nostre esperienze ci guidino verso percorsi di arricchimento e consapevolezza sempre più importanti, magari addirittura di raggiungere un po’ più facilmente i nostri obiettivi!

Bibliografia:

 

Questo articolo è offerto da:

Rovena Bronzi
Job Coach| Work life balance | Cv writer | Assistente del personale con certificato HRSE
Mi chiamo Rovena Bronzi e abito in provincia di Varese. Dopo aver conseguito una laurea in psicologia del lavoro e nel 2018 un titolo svizzero di assistente del personale, attualmente mi occupo in Canton Ticino di segretariato e amministrazione del personale. In Italia sono job coach, tutor e Cv writer: alleno, oriento e motivo, attraverso percorsi individuali e di gruppo, a «USCIR A RIVEDER LE STELLE» con creatività, leggerezza e piacere, nella ricerca di un nuovo lavoro, nel cambiamento professionale e nella ricerca di una conciliabilità lavoro – famiglia – tempo libero.

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