La teoria del conflitto realistico applicata alle MBO

 

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La teoria del conflitto realistico applicata alle MBO

di Rovena Bronzi

Nell’ambito della psicologia sociale, troviamo moltissime teorie che affrontano il tema dei rapporti e delle dinamiche intergruppi (ovvero fra gruppi) e intragruppo (ovvero all’interno di un gruppo) tra cui per esempio il modello freudiano nella ricerca intergruppi, la teoria dell’identità sociale e la teoria dell’elite.

Ma quella più rappresentativa che, a mio parere, ha dato uno dei contributi più importanti soprattutto all’ambito delle HR, è la

Teoria del conflitto realistico (TCR)

La TCR affronta, grazie a uno dei più conosciuti esperimenti sul campo dello psicologo sociale M. Sherif (anni ’60), 3 importanti temi nelle relazioni intergruppi:

  • come sorgono i conflitti
  • come si svolgono
  • come si risolvono

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Partecipanti: un gruppo di adolescenti americani, omogenei per età, status, etnia, ecc…, che prima di quel momento non avevano mai avuto alcun rapporto fra loro e che non erano consapevoli di partecipare ad una ricerca.

Procedura: i partecipanti vengono inseriti per 2 settimane in un campo estivo diretto da Sherif e dai suoi collaboratori, con l’introduzione di 4 fasi sperimentali.

*** Fase 1 = scelta spontanea di amicizie interpersonali ***

Arrivati al campo estivo, i ragazzi erano liberi di giocare, fare delle attività libere o con compiti che richiedevano una collaborazione interindividuale e interagire con i coetanei a loro più simpatici, dormendo insieme e passando con loro il proprio tempo libero.

In questa fase, si evidenzia:

  • la nascita di simpatie, le prime alleanze e, al contrario, le prime discordie e antipatie

*** Fase 2 = formazione dei gruppi ***

Sherif, dopo 1 settimana, divide i ragazzi in 2 differenti gruppi (uno all’insaputa dell’altro), dividendo volutamente le prime alleanze e assegnando loro lavori di squadra che richiedevano quindi una collaborazione intragruppo.

In questa fase, si evidenzia:

  • nascita di legami sempre più forti verso i membri del proprio gruppo; nascita e sviluppo di una cultura di gruppo, di un’ identità sociale (che la teoria dell’identità sociale definisce come la “…percezione che una persona ha di se stessa, basandosi sull’appartenenza ad un gruppo…”; il gruppo, quindi, serve a fornire quel senso di identità distinguibile, forte e positiva, sia sociale che personale, di cui si è alla continua ricerca), di un senso di appartenenza al proprio gruppo;
  • rafforzamento dell’appartenenza al gruppo attraverso il svilupparsi di dinamiche sociali quali regole comuni, una struttura gerarchica, un vero e proprio leader, ruoli e mansioni definiti, potremmo addirittura dire una vera e propria “corporate identity”
  • stravolgimento di tutte le dinamiche interpersonali e degli equilibri finora creatisi

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*** Fase 3 = conflitto intergruppi ***

Sherif, a questo punto, ufficializza l’esistenza di 2 gruppi e inizia ad attribuire loro dei compiti sempre più complessi e con risorse limitate oppure finalizzate all’elezione di un vincitore

In questa fase, si evidenzia:

  • già l’essere stati informati sull’ esistenza di un altro gruppo, ha portato al generarsi di un più forte senso di appartenenza, di protezione, di favoritismo verso i membri del proprio gruppo e di ostilità, di competizione verso i membri dell’altro gruppo;
  • dal momento in cui sono stati attribuiti loro compiti sempre più complessi e con risorse limitate o con l’elezione di un vincitore, la competizione diventa più dura e addirittura malsana, con l’aumento delle diverse percezioni positive verso l’ingroup, negative verso l’outgroup;
  • a livello di attribuzioni causali, si sono evidenziate le seguenti dinamiche:

in caso di insuccesso del proprio gruppo, ricerca di cause esterne – in caso di successo del proprio gruppo, ricerca di cause interne; viceversa, in caso di insuccesso dell’altro gruppo, ricerca di cause interne – in caso di successo dell’altro gruppo, ricerca di cause esterne;

  • secondo la teoria dell’identità sociale, potremmo anche dire che si sono evidenziate dinamiche quali il confronto sociale intergruppi (allo scopo di determinare il valore di certe caratteristiche del proprio gruppo) e una categorizzazione sociale (quel processo che porta a suddividere il mondo circostante in categorie e sottocategorie, dove tutti gli appartenenti a una categoria/sottocategoria hanno le stesse caratteristiche; dove l’outgroup (“loro”) è tutto ciò che è lontano e diverso da noi, è tutto ciò verso cui proviamo sentimenti di discriminazione e svalorizzazione, tutto ciò che categorizziamo con stereotipi, generalmente negativi – l’ingroup (“noi”) è tutto ciò che è uguale a noi, è tutto ciò verso cui proviamo sentimenti di favoritismo e valorizzazione, tutto ciò che categorizziamo con stereotipi, generalmente positivi.

*** Fase 4 = cooperazione intergruppi ***

Sherif a questo punto dell’esperimento assegna degli “scopi sovraordinati”, ovvero raggiungibili solo attraverso la collaborazione e la risoluzione dei conflitti intergruppi

In questa fase, si evidenzia:

  • i sentimenti caratterizzanti la fase 3 non si estinguono, ma iniziano a  placarsi;
  • tutte le dinamiche cominciano a cambiare gradualmente, iniziando ad andare in una direzione di collaborazione e armonia intergruppo.

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Questa teoria è molto importante perché non solo spiega quali sono le motivazioni che portano al conflitto e alla competizione, ma spiega anche come risolverli, e soprattutto, se decontestualizzata, può essere un’utile supporto alle politiche di incentivi MBO (management by objectives – direzione per obiettivi).

Se da un lato, infatti, queste politiche godono di grande fama perché  motivano e incentivano i collaboratori a raggiungere una serie di obiettivi, dall’altro, le principali critiche evidenziano come il solo fatto di incentivare un collaboratore a raggiungere degli obiettivi individuali e personali, attraverso premi o altri incentivi, crea competizione (indipendentemente dalle caratteristiche del contesto sociale in cui sono inseriti e dal tipo di risorse disponibili, anche se, ovviamente, minori sono le risorse, maggiore diventano conflitto e competizione), individualismo, oltre che a un rafforzamento della motivazione estrinseca, a svantaggio di quella intrinseca.

A sottolineare la forza di queste critiche, vi è poi anche un altro importante presupposto sempre evidenziato dalla TCR: le persone sono fondamentalmente egoiste e quindi sono interessate prima di tutto a cercare di massimizzare le proprie ricompense e di favorire se stessi nel raggiungimento dei propri obiettivi personali.

E’ proprio per questi motivi che oggigiorno le politiche MBO concentrate sul singolo individuo si stanno sempre più indirizzando verso il gruppo, arrivando cosi a una possibile risoluzione del conflitto e della competizione tra collaboratori.

Tale risoluzione, in termini di TCR, può essere la seguente:

  • definire degli obiettivi di più alto livello, quindi degli obiettivi a livello aziendale;
  • porre la condizione “sine qua non” che, se l’azienda raggiunge gli obiettivi prefissati, ne guadagna l’azienda, ma ne guadagnano anche i singoli collaboratori coinvolti nel loro raggiungimento; non solo, se gli obiettivi più alti vengono raggiunti, i singoli collaboratori ricevono una ricompensa personale, in funzione del contributo dato al team e in funzione di obiettivi singoli a loro prefissati; se gli obiettivi più alti non vengono raggiunti, nessuno riceve ricompense;
  • fare in modo che tali obiettivi possano essere raggiunti solo attraverso la collaborazione e la creazione di un team coeso e unito dalla volontà di voler raggiungere degli obiettivi comuni (team gestito e guidato da un supervisore per una equa e giusta ricompensa individuale).

Per fare un esempio specifico in questa nuova ottica:

Obiettivo aziendale: implementazione di un nuovo sistema operativo entro la fine dell’anno in corso, interfacciabile, che riduca i tempi di lavoro e i costi di ogni reparto, che sia affidabile, attendibile, flessibile, a norma e che tenga conto di ogni singola esigenza.

Il suo non raggiungimento nei tempi richiesti implica costi supplementari e malcontento generale, oltre che una non competitività sul mercato. Il suo raggiungimento nei tempi richiesti implica maggiore competitività sul mercato, una rapida riduzione dei costi e incentivi mirati.

“Vecchia” logica MBO: a ogni singolo responsabile di reparto, viene richiesto esclusivamente di seguire il progetto con l’ITC, dando le dovute informazioni relative al proprio reparto e testando quando necessario. Tale richiesta è seguita da incentivi personali mirati che motivano a una collaborazione attiva.

Di riflesso, ciò significa: maggiori tempi nell’implementazione, dovuti dal fatto che ogni responsabile si concentra solo sulle esigenze e i bisogni del proprio reparto, che inevitabilmente andranno in conflitto tra loro (e origineranno anche competizione); ripetizione di indagini dovute a un mancato confronto diretto tra le parti; maggiori costi per un orario straordinario dei facenti parte dell’ufficio ITC, ecc.;

“Nuova” logica MBO: a partire dall’obiettivo aziendale e non da quelli personali, si crea una task force in cui tutti i responsabili di reparto sono coinvolti, da un lato in riunioni di gruppo periodiche, per uno scambio reciproco e costruttivo di idee ed esigenze con l’ufficio ITC, dall’altro in interventi personali, allo scopo di implementare entro il termine prefissato un sistema che soddisfi tutti i reparti e ne migliori gli standard. Cosi facendo, ogni responsabile riceverà un incentivo ma solo al raggiungimento dell’obiettivo aziendale.

Bibliografia:

Questo articolo è offerto da:

Rovena Bronzi
Job Coach| Work life balance | Cv writer | Assistente del personale con certificato HRSE
Mi chiamo Rovena Bronzi e abito in provincia di Varese. Dopo aver conseguito una laurea in psicologia del lavoro e nel 2018 un titolo svizzero di assistente del personale, attualmente mi occupo in Canton Ticino di segretariato e amministrazione del personale. In Italia sono job coach, tutor e Cv writer: alleno, oriento e motivo, attraverso percorsi individuali e di gruppo, a «USCIR A RIVEDER LE STELLE» con creatività, leggerezza e piacere, nella ricerca di un nuovo lavoro, nel cambiamento professionale e nella ricerca di una conciliabilità lavoro – famiglia – tempo libero.

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