Principio di reciprocità: grazie senza dire grazie
Esiste una legge universalmente riconosciuta, una regola di persuasione, in base alla quale se noi rivolgiamo un’attenzione, se omaggiamo qualcuno di un dono, in costui nascerà il desiderio di ricambiare il nostro gesto.
L’effetto di tale legge è concretamente e facilmente constatabile immaginando il senso di debito e di inadeguatezza che sorge in noi, quando riceviamo un inaspettato regalo dalla vecchia zia e non abbiamo nulla per ricambiare tale cortese gesto.
Nella contrattazione in senso lato, la causa di quella scomoda sensazione che ci attanaglia lo stomaco, è da tenere a bada, poiché ci colloca in posizione di svantaggio rispetto alla nostra controparte.
In ambito negoziale, la legge di reciprocità è siglata dal tipico ‘’grazie’’; “grazie per avermi ricevuto”, “grazie per aver letto la mia mail”, “grazie per la collaborazione”, “grazie per il tuo tempo”.
Tali espressioni sottintendono l’aver ricevuto un dono, un favore e ci collocano in posizione debitoria, ponendo nello stesso tempo il nostro interlocutore in condizione di superiorità psicologica, condizione che in ambito negoziale non è mai vantaggiosa.
Il nostro compito è si quello di essere gentili e cortesi, soprattutto in un’epoca nella quale la gentilezza e la cortesia sono fuori moda, ed il loro uso si rivela sempre carta vincente, ma nello stesso tempo non perdere mai un atteggiamento se non di superiorità, quantomeno di parità psicologica nei confronti del nostro interlocutore, poiché dal nostro modo di esprimerci, dalla scelta dei termini, dipenderà il trattamento che riceveremo dal nostro interlocutore.
E’ quindi sufficiente sostituire il termine grazie con altre espressioni (Es. “grazie per il tempo che mi stai dedicando” / “…sono felice di condividere il tempo con te”, “grazie per avermi ricevuto / “… sono contento di poter collaborare con te”, etc.).
Rientra nella medesima logica l’utilizzo spesso smodato e fuori luogo, che tutti noi facciamo del termine ‘’scusa’’, termine che andrebbe utilizzato quando commettiamo un errore, quando facciamo qualcosa di sbagliato ma che viene utilizzato anche in altri contesti: “scusa per il disturbo”, “scusa posso avere quello”, “scusa posso andare lì”.
In tutti questi casi, trasmettiamo un senso di colpa e la paura di disturbare, che ci colloca in posizione di svantaggio psicologico; anche in questa situazione è sufficiente sostituire la parola scusa con altre espressioni, come permesso, per favore, per cortesia.
Il nostro compito è quello di spingere l’interlocutore a dire grazie, mantenendo un atteggiamento psicologico di parità ma senza smarrire la gentilezza e la cortesia, che devono essere le nostre linee guida in ogni tipo di contrattazione.
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Letture consigliate:
- Sergio De Cesare “Un mondo di gentilezza. Pratiche di gentilezza per migliorare la produttività e il benessere delle persone al lavoro” – EPC (2023)
- Dono, scambio, reciprocità. Dalla filosofia all’antropologia” – Castelvecchi (2021)
- Jessica Benjamin “Il riconoscimento reciproco. L’intersoggettività e il Terzo” – Cortina Raffaello (2019)
- Paolo Borzacchiello ‘’PNL per l’eccellenza linguistica. Come usare le parole giuste nel giusto ordine“
- Marco Simini “La comprensione reciproca. Comunicare bene per vivere meglio con se stessi e con gli altri nel lavoro e negli affetti” Franco Angeli (2002)
- Robert B. Cialdini “Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì” – Giunti Psychometrics (2022)
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