Disability Management
Criticità di un approccio che va oltre la semplice gestione delle risorse umane
di Solco Srl
Recenti sviluppi in ambito sociale ed economico sembrano reclamare a gran voce una gestione delle risorse umane che vada nella direzione di una sempre maggiore inclusione e che sia tale da tenere in considerazione, oltre che elementi di multiculturalismo e generazionali, anche la salute della persona.
Quest’ultima, che lo si voglia o meno, a seconda se sia buona o cattiva, comporta necessariamente una serie di ripercussioni sulle prestazioni lavorative della persona.
Ecco spiegata la sempre crescente centralità delle pratiche di diversity and inclusion management all’interno dell’opinione pubblica e delle istituzioni nazionali oltre che sovranazionali.
Un esempio che va in questa direzione viene dal Pilastro europeo presentato dalla Commissione europea lo scorso aprile.
Un documento, questo, che sulla base di 20 principi mira a garantire un equo accesso al mercato del lavoro, oltre che protezione e inclusione sociale, alle persone con disabilità.
In Italia, è a seguito dell’approvazione del d.lgs. 151/2015 che disability management – da intendersi come metodologia che sensibilizza le aziende intorno al proprio personale dipendente con disabilità – e in particolare la figura del disability manager – vale a dire colui che si occupa in prima persona di quest’opera di sensibilizzazione – sembravano aver suscitato nell’opinione pubblica e in ambito istituzionale un maggiore interesse.
Ma, con riferimento alla legislazione vigente, non sono mai mancate perplessità e criticità riguardo una materia a dir poco delicata.
Per esempio, la promozione di una rete integrata tra uffici competenti e servizi sociali, sanitari, educativi e formativi, così come disciplinato ex art. 1 d.lgs. 151/2015, deve quotidianamente scontrarsi con l’assenza di una politica di turnover che contribuisca a migliorare questi servizi e con la mancanza di un’adeguata formazione/riqualificazione professionale a riguardo.
Alla stessa stregua, la volontà di promuovere accordi territoriali che favoriscano l’inserimento professionale delle persone disabili deve fare i conti col mancato coinvolgimento di gran parte della società civile.
Da ultimo, la previsione di istituire un responsabile dell’inserimento professionale delle persone con disabilità e quella di individuare buone pratiche di inclusione lavorativa delle stesse richiederebbero la totale assenza di barriere di qualsiasi natura.
La speranza è che la strada tracciata dal d.lgs. sopra citato possa conoscere importanti sviluppi in tempi relativamente brevi.
Quello del disability manager è un compito arduo e lo è ancor di più perché, nonostante non siano poche le realtà aziendali ad aver avviato buone pratiche di inclusione, come sottolineavamo poco sopra, è innegabile la presenza di più di qualche problematiche nell’applicazione di queste stesse pratiche.