I 3 stili relazionali della Leadership applicati ai collaboratori

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I 3 stili relazionali della Leadership applicati ai collaboratori

di Rovena Bronzi

Quando si parla di HR e di ambienti tossici e malsani vs sani e felici, il più delle volte il primo pensiero va al Capo (termine generico che qui utilizzeremo in rappresentanza delle diverse terminologie: datore di lavoro, responsabile di settore, responsabile di linea, capoufficio/caporeparto, ecc.) e al suo modo di rapportarsi ai suoi subordinati che inevitabilmente può portare un ambiente a essere vissuto appunto come tossico e malsano oppure sano e felice. 

In particolare, una delle teorie più famose è quella che vede lo stile relazionale prevalente nel leader posizionato lungo un continuum:

1————————–2—————————–3

1 = stile dittatoriale/autoritario;

2 = stile democratico/assertivo;

3 = stile lascivo/permissivo/disinteressato.

È questa una teoria talmente famosa che probabilmente è già nota a tutti e quindi non serve aggiungere altro.

Ma quello che probabilmente non tutti sanno è che il sopracitato continuum può essere applicato anche allo stile relazionale prevalente nei collaboratori. 

Ma con una sostanziale differenza: se nel caso del leader, il suo stile è fondamentalmente una sua “libera” scelta, quello dei collaboratori è una scelta purtroppo il più delle volte “resa libera” da chi dovrebbe supervisionare e controllare il buon andamento del team e dei collaboratori, ma per mille motivi non lo fa.

  • Stile autoritario/dittatoriale 

Rientra in questo stile quella tipologia di collaboratori che si distinguono a causa dei loro comportamenti autoritari e dittatoriali, addirittura spesso al limite del rispetto e dell’educazione, principalmente verso coloro che, per varie ragioni, considerano dei “deboli” o, chissà su quale base, dei “loro subordinati”. 

Ricerche hanno dimostrato che nella maggior parte dei casi tale stile è tipico di chi: 1. possiede un ego ipertrofico (che in termini di analisi transazionale di Berne potremmo dire “stile: Io sono ok, tu non sei ok”) che lo porta ad auto-posizionarsi su un piedistallo fatto di una propria personale percezione dei diritti e doveri di ciascuno; 2. diciamolo, magari gode di “protezioni” e favoritismi vari che lo portano a sentirsi autorizzato a tali comportamenti.

Ma è stato anche dimostrato che non di rado chi mostra questo stile è in realtà terrorizzato dalla paura di essere sostituito, di essere “fatto fuori” (“stile: Io non sono ok, tu sei ok”) che lo porta a cercare di schiacciare, eliminare gli altri, anziché affrontare le sue paure. 

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  • Stile lascivo/permissivo/disinteressato

Rientra in questo stile quella tipologia di collaboratori che si distinguono o per essere focalizzati solo ed esclusivamente sul proprio lavoro e sui propri successi (quasi un “Mors tua, vita mea”), oppure, molto più spesso, per essere orientati verso l’ozio, il menefreghismo e l’idea secondo cui “più fai tu, meno faccio io” o ancora “perché farlo io, se lo puoi fare tu?”.

È difficile definire queste persone perché, se da un lato il loro stile può sembrare una prerogativa esclusiva di chi di natura è ben lungi dall’essere collaborativo e produttivo, con uno spiccato orientamento all’opportunismo, al menefreghismo e a un po’ di pseudo – furbizia (rafforzati in molti casi dal poter godere di “protezioni” e favoritismi vari che portano a non temere eventuali conseguenze di tale agire o meglio non agire), in realtà in certi casi è addirittura la conseguenza inevitabile di vicissitudini professionali infelici, magari proprio all’interno di quell’azienda (“stile: Io non sono ok, tu non sei ok”) e magari persino causate da atteggiamenti disfunzionali di capi con uno stile relazionale altrettanto disfunzionale.

  • Stile assertivo/democratico

Rientra in questo stile quella tipologia di collaboratori che tutti (colleghi e aziende) sognano di avere (“stile assertivo: Io sono ok, tu sei ok”)!

Collaborativi, positivi, gentili, con tanta voglia di produrre ma anche di far produrre attraverso la collaborazione, l’aiuto reciproco (“Tutti per uno, uno per tutti”), fattori questi imprescindibili in un ambiente sano e piacevole e addirittura vere e proprie ancore di salvezza, di sopravvivenza, in contesti tossici e malsani. 

In questo stile per esempio rientrano quei collaboratori “anziani” (per anni di esperienza in quella specifica azienda) che grazie a tanta passione per il proprio lavoro e a una buona dose di sicurezza in sé stessi (né troppo bassa da portare a temere i nuovi arrivi, né troppo alta da diventare arroganti e presuntuosi), porgono la mano, donano un po’ del loro sapere ma anche della loro disponibilità e convivialità, diventando a tratti anche veri e propri mentori.

Tutto ciò naturalmente senza mai sottrarsi ai propri doveri e alle proprie responsabilità.

Come già accennato, quindi, lo stile prevalente nei collaboratori riflette le caratteristiche del corrispondente stile di leadership; ma non solo, addirittura molto spesso ne è fortemente condizionato, influenzato e in molti casi ne è addirittura una diretta conseguenza.

Non si finirà mai di ricordare che la presenza di un Capo assertivo/democratico difficilmente permette l’affermarsi di stili disfunzionali, in quanto è prima di tutto fortemente orientato a una comunicazione a rete, al far prevalere meritocrazia ed equità, a diffondere una cultura volta all’ aiuto reciproco, alla collaborazione, al raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi, a premiare la collaborazione anziché la competizione. E se dovessero comunque sopraggiungere stili disfunzionali, sarebbe sufficientemente attento per intervenire sul nascere e se necessario anche per punire.

Quindi, ne guadagnano tutti, collaboratori e azienda.

Al contrario, sembrerebbe proprio la presenza di un Capo lascivo/permissivo che, con il suo disinteresse, o al massimo un suo interesse esclusivamente diretto verso se stesso, il suo non voler mai prendere posizione o il suo mai premiare e punire (secondo criteri equi e giusti), oltre che il suo non fare da guida, da motivatore, da punto di riferimento, essere la principale causa di ambienti tossici e malsani, in cui ciascuno finisce addirittura per tirare fuori il peggio di sé anche laddove sarebbe stato, con un Capo assertivo/democratico, un valore aggiunto e una risorsa potentissima per quell’azienda. 

 

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Rovena Bronzi
Job Coach| Work life balance | Cv writer | Assistente del personale con certificato HRSE
Mi chiamo Rovena Bronzi e abito in provincia di Varese. Dopo aver conseguito una laurea in psicologia del lavoro e nel 2018 un titolo svizzero di assistente del personale, attualmente mi occupo in Canton Ticino di segretariato e amministrazione del personale. In Italia sono job coach, tutor e Cv writer: alleno, oriento e motivo, attraverso percorsi individuali e di gruppo, a «USCIR A RIVEDER LE STELLE» con creatività, leggerezza e piacere, nella ricerca di un nuovo lavoro, nel cambiamento professionale e nella ricerca di una conciliabilità lavoro – famiglia – tempo libero.

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